L'ANALISI
22 Agosto 2025 - 14:06
CREMONA - Tamoil non inquina più. È “storico” l’inquinamento ambientale dell’ex raffineria nelle aree circostanti, in particolare nella società Canottieri Bissolati.
Il gip ha accolto la richiesta bis di archiviazione del pm Davide Rocco, al quale aveva ordinato ulteriori accertamenti, e ha archiviato l’indagine sul caso Tamoil nata dagli esposti di Legambiente (con l’avvocato Sergio Cannavò) e di Gino Ruggeri dei Radicali e della Bissolati (con gli avvocati Vito Castelli, Gian Pietro Gennari, Monica Gennari e Claudio Tampelli), secondo i quali l’inquinamento da idrocarburi causato dall’ex raffineria era invece “recente”. I legali si erano opposti alla richiesta di archiviazione. Il gip ha accolto le argomentazioni del pm e dei legali di Tamoil, gli avvocati Carlo Melzi d’Eril e Simone Lonati.
Nelle sette pagine di ordinanza depositata ieri, il giudice conclude:
“L’attuale presenza di surnatante nell’area Bissolati, da un lato, non è databile in modo certo ma ragionevolmente è riconducibile a sversamenti attuati sino al 2011 e, dall’altro, non vi è prova che sia stato causato da un inefficiente funzionamento della barriera idraulica. Come visto, la tecnologia di bonifica adottata da Tamoil – condivisa con gli enti pubblici interessati – è in linea con gli standard internazionali per interventi di questo tipo ed è stata attestata come efficace e idonea, nel corso degli anni, da diversi organismi pubblici (cfr. relazione Ispra 2020 che ha ritenuto che la contaminazione delle aree esterne risulta in continua diminuzione; nota di Arpa del 21.2.2022 in cui si evidenzia come Tamoil sia sempre intervenuta in area Bissolati e non si sia mai sottratta al recupero di surnatante)”.
Per il gip, “risulta dunque priva di prova l’affermazione dei consulenti tecnici nominati nel processo civile (promosso da Bissolati, ndr) secondo cui era possibile e probabile che nell’ultimo decennio fosse avvenuto un passaggio di prodotto surnatante dal sito Tamoil a quello della Bissolati”.
Il giudice osserva: “Quanto all’adombrata possibile esigenza di un inquinamento ambientale ‘recente’ o comunque successivo al momento in cui era stata posta in opera la barriera idraulica, deve pervenirsi all’archiviazione del procedimento. Sotto questo profilo, non vi è alcun dubbio circa la presenza attuale, presso le aree esterne della raffineria (ivi compresa l’area Bissolati) d’inquinamento, principalmente del tipo idrocarburi: i consulenti tecnici del pm, Alessandro Ummarino e Gabriele Bardazza, entrambi geologi, hanno spiegato infatti che gli inquinanti che erano – e sono in parte ancora presenti – sono principalmente idrocarburi e sono da mettere in relazione con le attività storiche operate sin da metà dello scorso secolo sul sito da Tamoil: ovvero la raffinazione e lo stoccaggio di carburanti che, dopo essere stati sversati in superficie (accidentalmente o attraverso scarichi), hanno pesantemente compromesso le matrici suolo e acque, sia internamente all’area Tamoil che nelle aree esterne limitrofe”.
I consulenti tecnici hanno chiarito che “generalmente, quando la quota di falda è alta, parte del prodotto surnatante risulta intrappolato in modo discontinuo nelle porosità sature del sottosuolo, al di sotto del livello di falda (LNAPL intrappolato), mentre quando la falda è bassa, il prodotto surnatante, che era intrappolato, defluisce dalla zona – diventata insatura – e forma un orizzonte di LNAPL più esteso. Questa è la condizione che si è riscontrata nei piezometri di controllo sull’area Bissolati, ovvero la presenza di surnatante viene rilevata maggiormente quando la falda è più bassa per ridursi in maniera sostanziale, fino ad annullarsi, quando la falda è più alta”.
Annota il gip: “I consulenti tecnici, non rilevando alcuna criticità nella barriera idraulica che potesse far ipotizzare un suo cattivo funzionamento e non avendo alcuna notizia concernente episodi specifici di sversamenti o perdite di entità significativa all’interno del perimetro Tamoil, ritenevano che le contaminazioni riscontrate fossero riconducibili a uno ‘stato di contaminazione’ preesistente, ovvero agli effetti di sversamenti o perdite di idrocarburi avvenuti diversi anni fa sulle aree Tamoil e limitrofe”.
Insomma, “per i consulenti tecnici del pm, dal 2007 non vi erano elementi oggettivi da valorizzare per ricondurre le contaminazioni riscontrate a eventi recenti, successivi a quelli già oggetto dei precedenti procedimenti penali relativi all’ex raffineria Tamoil”.
Scrive ancora il gip: “Sebbene a partire dal 2018 il cherosene sia stato nuovamente ristoccato nel sito Tamoil (entro serbatoi a doppio fondo dotati di un sistema di rilevamento delle perdite e collocati a monte idrogeologico dell’area Bissolati), non vi è alcuna prova che vi sia stato uno sversamento e che dunque gli idrocarburi presenti nell’area Bissolati siano riconducibili a quelli stoccati attualmente nei serbatoi. In ogni caso, sul punto è stato interpellato Massimo Marchesi, professore associato di Scienze della Terra presso La Sapienza di Roma, il quale ha precisato che la datazione del cherosene è complicata per la mancanza di letteratura scientifica; inoltre, le caratteristiche del sito rendono ancor più difficile una datazione, atteso che da anni sono in corso trattamenti che inducono alterazioni nel comportamento degli idrocarburi”.
Sul punto, il gip richiama anche le osservazioni del professor Alberti, consulente della difesa Tamoil: “Le basse velocità della falda, le consistenti oscillazioni dei livelli e i cambiamenti di direzione dei flussi nei momenti di piena del Po potrebbero in certi periodi dell’anno aver favorito il mescolamento nel sottosuolo di porzioni di prodotto prima rimaste separate tra loro. Anche i consulenti tecnici del pm si esprimevano a favore della ‘storicità’ delle contaminazioni, riconducibili agli eventi per i quali si sono instaurati gli attuali procedimenti amministrativi”.
Il giudice esclude infine questa ipotesi:
“Come noto, le aree esterne all’impianto Tamoil (compresa l’area Bissolati) sono state oggetto di un Piano di ripristino ambientale, conclusosi con l’approvazione di un Progetto Operativo (decreto dirigenziale 574/2012, mai impugnato), finalizzato ad assicurare la progressiva riduzione delle concentrazioni del surnatante esistente e tuttora in fase di esecuzione, sotto il controllo di vari enti (Comune di Cremona, Arpa Lombardia, Provincia di Cremona, Ats Valpadana, Regione Lombardia)”.
I consulenti tecnici del pm hanno evidenziato che Tamoil ha ottemperato alle prescrizioni previste, sostenendo costi complessivi per 27.114.652 euro nella gestione dei sistemi di controllo ambientale delle aree interne (dal 2007 a oggi) e per 16.952.198 euro nelle aree esterne (dal 2008 a oggi). Caso archiviato.
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