L'ANALISI
14 Agosto 2025 - 05:25
Aurelio Bozzi e Aldo Protti
ACQUANEGRA - L’ugola ce l’aveva d’oro, il carattere di ferro e il cuore? «Grande così». A trent’anni dalla morte del grande baritono Aldo Protti, scomparso il 10 agosto 1995, l’uomo che dal 1969 fino all’ultimo è stato il suo più fedele collaboratore racconta l’umanità vera e la grande generosità di questo artista nemico della mondanità che ha calcato le scene di mezzo mondo.
Lui è Aurelio Bozzi e di anni ne compie 90 il prossimo 25 novembre. Grande appassionato di ciclismo, nella sua lunga vita ha fatto il muratore, il gruista e il tipografo. Vedovo di Maria, da una manciata di anni è ospite della Rsa ‘Guida’ di Fengo. Nelle sue corsie si muove con la sedia a rotelle perché qualche acciacco di troppo gli ha portato via una gamba, ma lui si è rassegnato: «Quando voglio uso la protesi».
La sua memoria nitidissima pesca ricordi e aneddoti che disegnano un ritratto inedito del grande cantante lirico che ha tenuto alto il nome di Cremona nei teatri più prestigiosi in Italia e all’estero, al fianco di mostri sacri come Maria Callas, Herbert von Karajan e il grande amico Mario del Monaco, tanto per citarne alcuni.
«Ho conosciuto per caso Protti nel 1955 quando mi hanno fatto fare la comparsa al teatro Ponchielli per il Nabucco – attacca Bozzi – facevo lo schiavo ebreo e alla fine mi fece i complimenti perché quando lui durante una scena tirava forte la catena alla quale ero legato, io resistevo senza cadere, ma poi ci siamo persi di vista; nel 1961 mi sono sposato e sono andato ad abitare a 50 metri da casa sua, in via dei Mille 61 – prosegue Bozzi – a quei tempi il suo assistente era lo zio di mia moglie, Pino, e sua moglie era la cameriera. Nel 1969 lui si ammalò, la moglie si ritirò per assisterlo, così Maria prese il suo posto e quando lo zio Pino morì, la signora Adriana, prima moglie di Protti, mi chiese se volevo prendere il suo posto; io le risposi che non ero certo di essere all’altezza, ma alla fine ci mettemmo d’accordo».
Giorno dopo giorno comincia una frequentazione assidua e una collaborazione che si trasforma in una grande amicizia, con ricordi che Aurelio conserva nel cuore. «Un giorno – prosegue il pensionato - mi disse se potevo accompagnarlo alla Scala di Milano, chiedendomi di restare in macchina mentre lui andava a firmare dei documenti; durante la sua assenza arrivarono i vigili pretendendo che io spostassi l’auto, ma non essendo mia risposi di no; a quel punto quando uscì un custode del teatro avvisando che era di Protti, i due vigili aspettarono il suo ritorno per avere una foto e l’autografo.»
Prosegue il pensionato: «In quella circostanza tornando a Cremona sempre in centro a Milano ci fermarono di nuovo i vigili avvisandoci che dovevamo fare un giro alternativo perché era scoppiato un incendio in un condominio causato dal funzionamento difettoso di una stufa: rimase molto colpito dall’incidente, ricordo che non parlò più fino al nostro arrivo a Cremona e in cortile mi disse queste parole: «Domani mattina prendi un foglio di carta e fai passare, una ad una, tutte le stufe dei nostri vicini di casa perché io di notte voglio dormire. Io obbedii e alla fine mi disse di chiamare l’idraulico e di sostituirle tutte quelle stufe, spendendo di tasca sua almeno 4 milioni di lire perché nutriva per la gente povera un amore speciale».
Prosegue Bozzi: «Per lui non c’erano palchi di serie A e palchi di serie B, a Stagno Lombardo ha cantato il Rigoletto come se fosse alla Scala e se bisognava fare beneficenza era in prima fila; come quella volta che a sant’Ilario ha fatto quattro concerti per aiutare la parrocchia e ne annullò un quinto; il motivo c’era: dopo aver convinto quattro colleghi ad intervenire per una grande rappresentazione benefica ai giardini di Cremona, perché ci stava più gente, chiese al parroco don Guido Lana di informarsi perché voleva che fosse presente anche il vescovo. Don Lana qualche giorno dopo gli confermò che il vescovo sarebbe uscito ma bisognava pagarlo; allora lui si arrabbiò e fece cancellare tutto».
Non lo fermi più, Bozzi. «Tra gli inquilini del suo palazzo in città c’era una famiglia originaria di Cavatigozzi; mi disse di passare a ritirare i soldi dell’affitto e quando il padre di famiglia mi confessò che in quel periodo avevano problemi, informai Aldo che mi mandò di nuovo a prelevare la bolletta e di suo pugno scrisse la parola ‘pagato’. Mi risulta che non lo fece solo in quella circostanza e non solo a lui». Era anche un tipo spassoso, Protti.
«Quando siamo andati a Lugano - continua Bozzi – mentre la moglie e i suoi due bambini visitavano un negozio, io e lui eravamo seduti su una poltroncina; ad un certo punto sentimmo una voce chiamare il suo nome: era una signora anziana che come minimo aveva mezzo chilo d’oro addosso; gli chiese se io fossi suo parente e lui rispose di no, ma che comunque ‘ero appena fuori dalla porta’ e dopo essersi salutati calorosamente, mi diede della ‘socca’ dicendo: ‘Quando ti ha abbracciato gli fregavi una boccola e ti compravi una Ferrari’. Aldo per me è stato come un fratello – conclude Aurelio stringendo fra le mani il libro scritto da Evelino Abeni nel 2000 - e mi manca tanto anche la Rosalba (figlia di Protti, ndr) quando viene qui a trovarmi mi commuovo perché le voglio bene».
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