L'ANALISI
29 Luglio 2025 - 05:15
CREMONA - È possibile immaginare una scuola non punitiva, in cui l’unica competizione sia con il ‘me stesso’ di ieri? Magari anche senza voti, intesi nel senso convenzionale del termine? È la scommessa — rivoluzionaria — del pedagogista Daniele Novara, che a breve diventerà realtà: a Piacenza nascerà la prima scuola media italiana ispirata al metodo che porta il suo nome; un metodo ‘maieutico’ come quello di Socrate, che anziché trasmettere lezioni dall’alto ai suoi allievi preferiva porre loro domande, attendendo che fossero loro a scoprire di possedere e ‘partorire’ le risposte. La nuova scuola nascerà dalla collaborazione tra il Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (Cpp), diretto appunto da Novara, e la Fondazione Licei San Benedetto di Piacenza.
Novara illustra i principi ispiratori del metodo: «Si passa da una visione trasmissiva della conoscenza ad una alternativa, in cui il protagonismo degli alunni diventa centrale. Il fulcro del rapporto didattico è il cosiddetto ‘Laboratorio Maieutico Daniele Novara’, che sostituisce in maniera drastica la frontalità della situazione: a partire da uno stimolo, nascono negli alunni domande che definiamo ‘maieutiche’. L’insegnante funge da ‘regista’ e guida il percorso conoscitivo, attivando una serie di momenti operativi. Le discipline scolastiche vengono utilizzate come strumenti di lavoro piuttosto che come fine ultimo. I dispositivi didattici che il metodo prevede sono molto lontani da quelli della scuola attuale».
Così come la valutazione, che prescinde del tutto dall’impiego dei voti. «Lo schema apprendimento-studio-interrogazione viene totalmente superato — continua Novara — e vengono valutati soltanto i progressi rispetto al punto di partenza dell’alunno. Nel percorso educativo, la registrazione degli errori perde importanza: importa, semmai, capire come ha fatto l'alunno a migliorarsi. Il baricentro si sposta: i ragazzi devono essere in grado di individuare e utilizzare le fonti della conoscenza per risolvere problemi concreti: rispondere autonomamente a domande come ‘perché giugno è stato il mese più caldo della nostra storia?’». Se poi davvero la scuola di Piacenza sarà senza voti, è tutto da vedere: «La concettualizzazione andrà declinata nell'ottica della normativa — precisa Novara — la speranza, comunque, è quella di impiegarli il meno possibile».
La notizia, riportata anche dalla stampa nazionale, suscita la curiosità del mondo della scuola cremonese, ma anche qualche punto interrogativo. Lo spunto, in generale, sarebbe da cogliere positivamente. «Nei Paesi del Nord Europa — spiega Daniela Marzani, dirigente scolastico IC Cremona 2 — vengono adottate strategie didattiche simili già da molti anni (teorizzate, peraltro, già all’inizio del Novecento). Il principio è quello di porre l’alunno al centro dell’apprendimento. Da tempo gli studiosi hanno dimostrato che il sapere non si trasmette ‘per osmosi’ da una persona all’altra. Il problema è che in Italia questi metodi non hanno trovato suolo, per vari motivi».
Il primo ostacolo, spiega Marzani, è stato il contesto: «Le nostre aule sono piene, le strutture risicate. Inoltre, a livello normativo il Ministero ha lanciato segnali ambigui: a metà di quest’anno, per quanto riguarda la scuola primaria, la normativa ha fatto marcia indietro, passando dalla valutazione per obiettivi a quella espressa con il giudizio sintetico (‘buono’, ‘distinto’, e via dicendo), che è tutto sommato assimilabile al voto numerico. L’opposto di ciò che Novara e molti insegnanti vorrebbero. Ce l’avevamo, prima, una scuola senza voti: eravamo già nella direzione giusta».
La scuola italiana starebbe affrontando un momento di crisi. «La scuola pubblica, da molti anni, è ispirata alla politica dei tagli. Non è considerata un investimento, ma un costo. Ben venga l’iniziativa di Novara, ma gli insegnanti della scuola pubblica, quella di stampo tradizionale, ce la mettono tutta per stare al passo in un contesto spesso ostile. La maggior parte di loro si direbbe favorevole all’impiego (anche se parziale) dell’apprendimento attivo e della didattica laboratoriale, su cui si basa anche il Metodo Novara. Nella nostra secondaria di primo grado abbiamo organizzato corsi pomeridiani curricolari per sperimentare metodologie non tradizionali, su contenuti che non vengono trattati nelle ore del mattino. Abbiamo anche predisposto corsi di mentoring per gli studenti in difficoltà, contrastando con successo il fenomeno dell’abbandono scolastico e della non ammissione».
Piace l’idea anche nel cremasco; anche se, dice Enrico Fasoli, dirigente scolastico dell’IC Luigi Chiesa (Spino d’Adda-Dovera), bisogna attendere di vedere in che modo il progetto piacentino sarà concretizzato. «Il metodo maieutico è certamente interessante — commenta — e ha il pregio di coinvolgere completamente gli alunni. La valutazione è espressa sull’apprendimento aggiuntivo, dunque in senso evolutivo. L’approccio globale è molto interessante, lo condivido; nella nostra scuola, abbiamo già avuto modo di lavorare con Novara, in particolare con il metodo ‘litigare bene’. Aspettiamo di vedere come sarà nel dettaglio la scuola piacentina». Anche Fasoli è interessato a metodologie didattiche alternative: «Ci stiamo avvicinando al metodo della ‘scuola senza zaino’ di Marco Orsi — aggiunge — che si colloca in un filone simile a quello di Novara».
Nuovi metodi creano nuove opportunità; ma la cautela, a volte, prevale. Secondo Nicoletta Ferrari, dirigente scolastico dell’istituto Einaudi di Cremona, forse è ancora troppo presto per creare una scuola interamente strutturata sul metodo maieutico. «Sarà senz’altro una sfida — commenta — e le sfide sono sempre impegnative e propositive allo stesso tempo: tutto il nuovo merita attenzione, perché sintomo di opportunità. Ma il metodo deve essere accompagnato dalla maturazione di una cultura dell’accettazione. Il principio maieutico che attribuisce all’insegnante il ruolo di regista è molto bello, perché questo deve essere il suo compito: si tratta di forgiare lo spirito critico degli allievi. Ma quello della valutazione resta uno scoglio. Il voto, nel senso tradizionale del termine, ci deve essere; altrimenti si rischia di cadere nell’autoreferenzialità. l’apprendimento deve seguire step ben strutturati, e soprattutto canonici. Per scardinare questo paradigma manca ancora il substrato culturale adeguato».
Anche secondo Maria Grazia Nolli, dirigente del Liceo Manin, il metodo maieutico ha del potenziale. Ma quello tradizionale, a volte, può essere l’unica opzione. «Novara porta avanti una scuola di pensiero condivisibile per molti aspetti — dichiara Nolli — e le metodologie didattiche alternative fanno molto bene. Ma non possiamo ignorare che esistono anche discipline che richiedono un approccio lineare e convenzionale». Il progetto, al di là delle riserve, è interessante: «È una scuola di pensiero che punta moltissimo sulla circolarità del processo educativo. Dobbiamo ai nostri allievi un protagonismo. Alle medie questo progetto si può realizzare più facilmente, mentre alle superiori è necessaria ancora una certa asimmetria di ruoli e funzioni».
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