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CASALBUTTANO

Minaccia al comandante: «Io ti spezzo le gambe»

A processo ex titolare di un bar. C’era il Covid, non aveva chiuso alle 18

Francesca Morandi

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11 Luglio 2025 - 08:14

Minaccia al comandante: «Io ti spezzo le gambe»

Il tribunale di Cremona

CREMONA - Si è preso del «pappagallo» e del «cretino». È stato minacciato: «Ti spezzo le gambe, se mi fai chiudere, ti tiro sotto con la macchina perché io devo lavorare». Offese e minacce (in dialetto).

Nel mirino dell’ex titolare del bar ‘El Socio’, a Casalbuttano, il 5 novembre del 2020 — in piena pandemia Covid — c’è finito il commissario Luciano Baccanti, comandante della Polizia locale dei comuni di Casalbuttano ed Uniti e Corte de’ Cortesi con Cignone. 

Com’è andata quel giovedì pomeriggio, Baccanti lo ha raccontato ieri al giudice, nel processo a carico dell’ex titolare del locale per minaccia a pubblico ufficiale. C’era anche l’oltraggio a pubblico ufficiale, ma chi è al banco degli imputati ha già risarcito la vittima e il Comando della Polizia locale con 500 euro. Non solo. Ha anche scritto una lettera di scuse a Baccanti che ieri la custodiva in una cartelletta gialla con il carteggio della vicenda.

In aula non c’era l’imputato. Si presenterà il 20 novembre prossimo, quando si difenderà. Spiegherà il motivo della sua reazione contro chi stava facendo il suo lavoro. «Il mio cliente stava chiudendo — ha spiegato l’avvocato della difesa Cesare Grazioli -. Aveva abbassato le serrande per metà. Attendeva solo che i clienti pagassero ciò che avevano consumato». Quel giorno sarà emessa la sentenza.

Dopo il lockdown, il 25 ottobre l’ex premier, Giuseppe Conte, aveva dato il via libera a un «lockdown soft», firmando il Dpcm valido fino al 24 novembre: bar aperti sino alle 18. Il 5 novembre, il comandante Baccanti e la collega erano in giro con l’auto di servizio per i controlli. «Verso le 17,50, fuori dal locale c’erano 7-8 persone, altrettante all’interno — ha detto il comandante — . Stavano consumando. Io e la collega abbiamo fatto presente che alle 18 si doveva chiudere». Capo e vigilessa si sono rimessi in auto, hanno fatto «un giro lungo», sono tornati davanti al locale mica alle 18.01. Le lancette segnavano le 18.15, proprio per dare il tempo all’imputato di far pagare i clienti, lavare, sistemare e tirare giù - completamente - la serranda fino a quel momento abbassata solo «in parte». Ma quando Baccanti e collega sono tornati, «fuori dal locale c’erano nove persone, di cui tre stavano consumando». L’imputato «non aveva rispettato le prescrizioni».

Il capo della Polizia locale gli ha imposto di chiudere, ma il commerciante non l’ha presa affatto bene. «Era aggressivo e minaccioso». Sono partiti gli insulti e le minacce, con il titolare che ha rincorso il comandante sino all’auto. C’è chi ha sentito delle «grandi parolacce». Si chiama Angelo, ha 73 anni. Quel pomeriggio era a distanza di alcuni metri dal locale. Nei pressi aveva il suo camioncino. «Sì, era il titolare che diceva le parolacce», ha fatto mettere a verbale, confermando offese e minacce riversate nel capo di imputazione. E poi c’è Giuseppe, pensionato. Ha confermato anche lui: «Sì, ricordo. Eravamo fuori dal locale. Stavo per andare a casa. Mi ricordo che il signore (l’imputato) gli ha dato (a Baccanti) una brutta risposta, che gli spezzava le gambe». E la saracinesca «era giù un pezzettino».

Fuori udienza. Al di là degli insulti e delle minacce, il comandante Baccanti ha consegnato ai taccuini alcune riflessioni. Si era in un periodo terribile. Ogni giorno era una bollettino di guerra: persone ricoverate con fame d’aria, persone uccise dal Covid. In paese e nei paesi vicini, i titolari dei locali osservavano le prescrizioni del governo Conte. Tutti, ad eccezione dell’imputato. Le lamentele circolavano.

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