L'ANALISI
10 Luglio 2025 - 08:34
CREMONA - Cani di razza Siberian husky e cavalli, capre e pecore allevati in pessime condizioni tra cumuli di letame e rifiuti pericolosi e non pericolosi, tra carcasse di animali e molti topi. Titolari dell’azienda nel Cremonese erano marito e moglie, poi il coniuge è morto, ad aprile del 2023, ucciso dalla leptospirosi presa nel suo allevamento. Accertata la causa del decesso, quell’azienda era finita nei radar dei carabinieri del Nas e degli ispettori di Ats Val Padana che l’avevano sequestrata.
La vedova ieri è stata condannata a 1 anno, 3 mesi e 300 euro di multa (pena sospesa) per maltrattamenti di animali, per aver trasferito in un altro allevamento (anch’esso all’epoca sotto sigillo) 13 husky affetti da leptospirosi, già sottoposti a vincolo amministrativo per ragioni igienico sanitarie, senza darne comunicazione e senza chiedere l’autorizzazione. Ed è stata condannata per rifiuti illeciti.
È invece mancata la prova che la vedova, trasferendo quei 13 husky in un altro allevamento, abbia cagionato la diffusione della leptospirosi «della quale gli animali erano affetti, malattia pericolosa per l’economia rurale, forestale e del patrimonio zootecnico, con il contagio di un ulteriore cane e di un cavallo già in precedenza presenti in quell’allevamento». La vedova è stata assolta perché il fatto non sussiste.
«L’istruttoria – ha sostenuto l’avvocato Mimma Aiello – non ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il trasferimento dei cani in altro allevamento e il successivo contagio siano stati la causa della effettiva diffusione della malattia». Il pm onorario, Silvia Manfredi, aveva chiesto per l’imputata 1 anno e 6 mesi. Entro 40 giorni il giudice depositerà la motivazione della sentenza.
Le fotografie scattate dagli investigatori e finite nel fascicolo, danno l’idea di che cosa fosse quell’allevamento, una discarica. Lo descrive bene il capo di imputazione sui maltrattamenti. Si racconta di 34 cani, 9 cavalli, 181 ovicaprini e 6 bovini «tenuti in condizioni di abbandono, incompatibili con la loro natura e, comunque, in precarie condizioni igienico sanitarie». Nell’elenco delle pessime condizioni igienico sanitarie c’è la presenza di grossi cumuli di letame a contatto con il terreno. Nel capannone dove erano custoditi gli animali non si poteva respirare a causa dei cumuli di letame. Qui mancava anche un sistema di ventilazione. In quel capannone c’erano piccioni liberi. Nella recinzione degli animali, c’erano rifiuti di plastica ed edili, nei box di custodia degli animali la latteria era assente o era sporca di letame accumulato.
L’acqua per l’abbeveraggio era vecchia e nera. Le fotografie mostrano le carcasse di animali e molti ratti. E nell’altro capo di imputazione si elencano i rifiuti pericolosi e non pericolosi depositati “in maniera incontrollata” in quell’area: un furgone senza targa (rifiuto pericoloso), un rimorchio di cavalli colmo di rifiuti di vario genere, un trattore agricolo senza targa, un cumulo di letame prossimo ad un colo privo d’acqua, cumulo di materiali inerti, rifiuti plastici di varia natura, alcune batterie al piombo esauste (rifiuto pericoloso), alcuni pneumatici usati, taniche di plastica, varie tipologie di finimenti e attrezzature ippiche e per allevamento, lattine, bottiglie di vetro e contenitori di plastica di vario genere, lettiere esauste. Chiudono l’elenco due congelatori con percolamento di liquidi biologici (rifiuto pericoloso).
Due anni fa l’‘operazione dei Nas di Cremona, affiancati dal personale dell’Ats, portò allo stop anche dell’allevamento di Annicco collegato con quello di Pieve D’Olmi per lo scambio di diversi cani. «Soprattutto femmine, portate lì per la riproduzione», aveva precisato il tenente Andrea Zendron, comandante dei Nas di Cremona. Tutti gli animali erano stati affidati ad associazioni, canili sanitari e strutture attrezzate per curarli e per la profilassi.
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