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Lattosio, glutine, nichel: quando il corpo dice no (e quando è solo una moda)

Crescono le diagnosi di intolleranze alimentari, ma anche le auto-esclusioni: come distinguere i veri segnali del corpo dalle false credenze? Le indicazioni del Ministero della Salute e dell’OMS: attenzione ai test non validati e alle diete fai-da-te, il rischio è danneggiare l’organismo

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

06 Luglio 2025 - 14:24

Lattosio, glutine, nichel: quando il corpo dice no (e quando è solo una moda)

(Foto IA)

CREMONA - Negli scaffali dei supermercati aumentano i prodotti “senza”: senza lattosio, senza glutine, senza zuccheri, senza nichel. E nei piatti di molte persone compaiono sempre più spesso rinunce, anche drastiche, per “presunte” intolleranze alimentari. Ma quante sono realmente necessarie?

Secondo il Ministero della Salute, le vere intolleranze clinicamente riconosciute sono numericamente molto inferiori rispetto alla percezione diffusa. La celiachia, ad esempio, interessa meno dell’1% della popolazione italiana, mentre l’intolleranza al lattosio riguarda circa il 40% delle persone, ma solo una parte di esse manifesta sintomi significativi. L’allergia al nichel, ancora più rara, può essere diagnosticata solo tramite esami specifici come il test di provocazione orale.

Eppure, in molti casi, queste esclusioni alimentari nascono da test non scientificamente validati – come il test del capello, il Vega test o la biorisonanza – o da auto-diagnosi basate su sensazioni soggettive come gonfiore, stanchezza o mal di testa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mette in guardia: affidarsi a strumenti privi di fondamento scientifico non solo è inutile, ma può portare a diagnosi errate e a restrizioni dannose.

Un altro rischio, sempre più frequente, è quello delle cosiddette intolleranze transitorie, legate a periodi di stress, infezioni intestinali, squilibri del microbiota o uso di farmaci come gli antibiotici. In questi casi, eliminare un alimento a lungo termine senza un reale bisogno può compromettere l’equilibrio nutrizionale, specialmente nei soggetti più fragili come bambini, adolescenti, anziani e donne in gravidanza.

Gli esperti delle istituzioni sanitarie sottolineano che nessuna esclusione alimentare dovrebbe essere decisa senza un iter diagnostico corretto, che prevede sempre il coinvolgimento di medici, gastroenterologi e dietologi abilitati. Inoltre, una dieta di esclusione non va mai improvvisata: serve una guida, un piano di reintroduzione graduale e un controllo costante degli effetti.

Il consiglio delle autorità sanitarie è chiaro: prima di eliminare, accertarsi. E non confondere il disagio passeggero con una condizione clinica permanente.

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