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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Omicidio volontario: Viti ammesso all’abbreviato

Borgo Loreto, la madre e le tre sorelle di Gamba parti civili: «Chiediamo giustizia»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

03 Luglio 2025 - 18:29

Omicidio volontario: Viti ammesso all’abbreviato

Nel riquadro gli avvocati Paolo Rossi (difesa) e Alessandro Vezzoni (parte civile)

CREMONA - In carcere dal 28 ottobre scorso per aver piantato quattro coltellate, uccidendolo, a Paolo Gamba — l’amico di 44 anni che da due giorni lo ospitava nella sua casa al civico 8/a della palazzina Aler, in piazza dei Patrioti, a Borgo Loreto — oggi Marco Viti, 48 anni, accusato di omicidio volontario non aggravato, è stato ammesso dal gup al rito abbreviato, rinviando all’udienza del 9 ottobre prossimo.

Una lite finita nel sangue. In particolare, Viti è accusato di «aver ripetutamente colpito con un coltello di grosse dimensioni», Gamba, «dapprima al collo, poi al fianco sinistro, al dorso e agli arti superiori», cagionando così la morte dell’uomo «per shock emorragico conseguente a lesione a tutto spessore della parete dell’aorta addominale».

Intanto, nel processo la mamma e le tre sorelle di Gamba si sono costituite parte civile con l’avvocato Alessandro Vezzoni. Si sono costituite non tanto per ottenere un risarcimento del danno (lo chiederanno), soprattutto «per chiedere giustizia e tutelare la figura del loro caro», ha precisato il legale.

Oggi alle 9.30, Viti è stato fatto scendere dal blindato della polizia penitenziaria. In Tribunale lo stava aspettando il suo difensore, l’avvocato Paolo Rossi. «Valuteremo se alla prossima udienza il mio assistito rilascerà dichiarazioni», ha detto il legale al termine dell’udienza. Una udienza veloce. Alle 9.42 Viti è risalito sul blindato diretto a Cà del Ferro.

Pomeriggio del 28 ottobre, mercoledì. «Venite, venite...». A chiamare il 118 era stato Viti, dopo aver ucciso l’amico di infanzia Gamba durante una lite, in cui anche lui si era preso una coltellata all’addome. Da una decina di giorni, il 48enne era uscito dal carcere. Dentro c’era finito ad aprile del 2023 per scontare un cumulo di pene per resistenza a pubblico ufficiale.

Tipo che menava le forze dell’ordine, Viti (ha altri procedimenti pendenti). Lasciato Cà del Ferro, all’inizio era stato ospitato da alcuni familiari, ma poi con uno di loro aveva litigato. Il parente non lo voleva più in casa. Viti allora aveva chiesto aiuto all’amico Gamba, che gli aveva teso una mano. Non era la prima volta. Da due giorni l’uomo si era sistemato nell’appartamento dell’amico. Una convivenza difficile culminata nell’omicidio (l’indagine è della Squadra mobile).

Al suo difensore, Viti l’aveva spiegata «confusamente» così: «Abbiamo litigato, perché non mi voleva più in casa. Poi ci siamo picchiati. Lui ha preso un coltello e mi ha ferito, io ne ho preso un altro e mi sono difeso».

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