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CREMONA

«Abusava della figlia». Nove anni al patrigno

Nei guai anche la madre: «Sapeva tutto da quando io ero 14enne e non ha fatto nulla»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

24 Giugno 2025 - 22:10

«Abusava della figlia». Nove anni al patrigno

Il tribunale di Cremona

CREMONA - «Io sono sempre stato un padre per mia figlia, l’ho sempre trattata bene, non l’ho mai violentata. So che non è mia figlia, ma l’ho trattata come tale». Sono le 14.45 di oggi, quando il patrigno, attraverso dichiarazioni spontanee, nega di aver ripetutamente violentato la figlia di sua moglie: la prima volta in un parco, quando la ragazzina aveva 15 anni, poi «ripetutamente», dal 2017 al 2020. Mezz’ora dopo, il patrigno esce dall’aula, condannato a 9 anni di reclusione, gli stessi anni chiesti dal pm Federica Cerio due settimane fa.

Seduta in fondo all’aula, c’è la moglie dell’imputato, madre della vittima. Nei guai ci finisce anche lei. Il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti al pm, perché la indaghi per non aver impedito che il marito violentasse sua figlia (un concorso). Nei guai ci finisce per la sua reiterata condotta omissiva. Perché, l’accusa sua figlia, «mia madre sapeva tutto: già quando avevo 14 anni, le ho raccontato delle attenzioni malsane di lui. Mamma sapeva anche dei rapporti sessuali. Non mi ha creduto o ha fatto finta di non credermi. Sa com’è: in una famiglia araba non puoi divorziare».

Ma c’è un’altra coda della sentenza. Il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti al pm nei confronti del patrigno, della madre e del fratello della vittima perché si indaghi per maltrattamenti.

La figlia oggi è poco più che ventenne, vive in una struttura protetta. Sul dorso di una mano ha una evidente cicatrice. Altre le ha sulle cosce. «È stata mia mamma con la forchetta, l’ha passata sul gas acceso, quando ho fatto la denuncia», ha detto due settimane fa al processo, quando ha raccontato degli abusi subiti. «La prima volta è successo in un parco. Ero con la sorellina di 8 anni. Abbiamo giocato tutti insieme, poi noi due ci siamo allontanati, siamo andati a correre, a far finta di correre. Lui ha iniziato a toccarmi: ‘Abbassa i pantaloni’. Io l’ho fatto. C’è stata un rapporto. Sì, completo. Mi ha detto: ‘Non dire niente a tua mamma’».

Gli altri episodi «anche in macchina, più volte». Rapporti «completi», rapporti «non protetti». «Avevo 16-17 anni. Il patrigno mi trattava come moglie. Lui cercava me. La mamma non mi ha mai creduta e quando l’ho denunciato si è arrabbiata». Una «preda appetibile» per il patrigno, la giovane, «quando all’età di 15 anni ho cominciato a crescere, ad avere un po’ di seno». La madre l’ha buttata fuori casa. «Chiamavo il patrigno quando avevo bisogno di soldi. Lui me li dava in cambio di un rapporto». Un ricatto. «Io gli chiedevo i soldi, ma non per fare cose con lui». Buttata fuori casa, la ragazza si è appoggiata presso amiche, è andata anche all’estero.

Prima di partire, il 17 luglio del 2020 ha denunciato alla polizia il patrigno. «Ho ricevuto minacce da tutta la famiglia, da mio fratello venuto clandestinamente in Italia. Tutti mi hanno picchiata, mio fratello, mia mamma, il patrigno. Mi picchiavano, mi legavano, ero chiusa in camera anche senza cibo». Rientrata perché aveva bisogno del permesso di soggiorno, il 28 dicembre è tornata in questura: ha ritirato la querela. «Perché tutta la famiglia mi ha minacciato».

Aula penale, oggi. Il patrigno rilascia dichiarazioni spontanee: «So che non è mia figlia, ma l’ho tratta come tale. L’ho mantenuta anche quando era nel suo paese di origine. Mi sono prodigato per farla venire in Italia, non le ho mai fatto mancare niente, ma poi lei ha deciso di uscire di casa, è stata una sua scelta... Quando mi ha denunciato la prima volta, lei abitava con il suo ragazzo, ma io non ero in Italia.... Non so perché mi abbia denunciato, io non le ho fatto mai niente».

Dopo il patrigno, parla il suo avvocato Massimo Tabaglio: «Il signore è una persona onesta», mentre «la ragazza non è credibile». Il legale ne dà la descrizione di «una ragazza vivace; si era portata a casa il fidanzato alle 2-3 di notte. Lei voleva fare quello che voleva, frequentava certe compagnie. Lei ha detto quello che voleva dire, ha raccontato fatti esagerando, frutto della fantasia. La richiesta del pm, 9 anni, mi sembra esagerata. Visto che i reati contestati al mio assistito sono gravissimi, perché non gli è mai stata applicata alcuna misura?». Entro 90 giorni sarà depositata la motivazione della sentenza. La difesa andrà in appello.

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