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MALAGNINO. 80 ANNI FA

«Quei cinque bambini ci parlano anche oggi»

L’intervento del sindaco Zini, il ricordo del professor Conca, le parole di don Paolo

Antonella Bodini

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redazione@laprovinciacr.it

19 Giugno 2025 - 10:15

«Quei cinque  bambini ci parlano anche oggi»

MALAGNINO - Ottant’anni. Tanti ne sono passati da quel pomeriggio del giugno 1945 quando a San Giacomo Lovara persero la vita per lo scoppio accidentale di un ordigno bellico cinque bambini. Tanti ne sono passati, ma il paese non ha mai dimenticato, né voluto dimenticare, quei tragici fatti che ieri, in una cerimonia di commemorazione particolarmente sentita e partecipata, sono stati ancora una volta rivissuti. Al cippo dove avvenne la tragedia quel 18 giugno erano presenti il sindaco Eugenio Zini, gli amministratori, Sandro Serafini, unico sopravvissuto alla tragedia, alcuni famigliari dei bambini deceduti, il parroco don Paolo Fusar Imperatore e tanti compaesani che non hanno mai dimenticato quell’episodio che ha cambiato per sempre la vita della comunità.

don

«Ci troviamo qui per commemorare il ricordo di quel tragico incidente avvenuto esattamente 80 anni fa nel quale, a causa dello scoppio accidentale di un ordigno, persero la vita cinque ragazzini: Mario e Tarcisio Taino, Franco Bodini, Palmiro ed Emilio Guarneri».

All’epoca, come ha raccontato il professor Erminio Conca, storico del paese (ed ex giocatore e poi allenatore di calcio), un gruppo di bambini in un campo aveva trovato, probabilmente dopo aver scavato in profondità, un ordigno bellico, inesploso, di modeste dimensioni. Lo avrebbero usato, secondo quanto ricostruito, come gioco almeno per due giorni consecutivi, ma quel pomeriggio decisero di portarlo dove solitamente facevano il bagno e lo lasciarono cadere sopra un manufatto in cemento. Lo scoppio fu inevitabile e una giornata spensierata si trasformò in un dramma. I cinque bambini morirono sul colpo mentre altri tre Piergiorgio Miglioli, Sandro Serafini ed Ernesto Taino, con la mamma Isolina Rebeccani, rimasero gravemente feriti.

«Nella data del 19 giugno l’allora sindaco Delfini scriveva così – ha ricordato l’attuale sindaco Zini leggendo alcuni testi presi dall’archivio comunale – Un fatto dolorosissimo, che ha gettato nel lutto più cupo alcune famiglie delle frazioni di Vigolo e Cervellara di questo comune si è verificato nella giornata di ieri 18 giugno 1945. Otto ragazzi, dopo aver fatto ruzzolare, per le strade della campagna uno spezzone inesploso, l’hanno buttato con violenza sul cemento di un manufatto determinando lo scoppio. Si contano cinque morti, tre ricoverati all’ospedale, dei quali uno grave. Sono state escluse le responsabilità del Comune in quanto è accertato che la sciagura è da attribuire alla sbadataggine dei ragazzi e all’incuria dei genitori».

Una ferita ancora aperta, una tragedia ancora viva come la profonda commozione negli occhi dei presenti ha sottolineato. Le sorelle di Palmiro ed Emilio Guarneri, Eugenia e Palmira, il figlio di Ernesto Taino, Tarcisio, e Sandro Serafini, che ha vissuto quegli attimi, scrivendoli per sempre nel suo cuore e nella sua mente. Un momento di preghiera con la lettura del Vangelo e la riflessione di don Fusar Imperatore. «Dopo ottant’anni la situazione non è cambiata molto e ancora oggi in un mondo dove la guerra è all’ordine del giorno episodi simili si verificano ancora. Ed è sempre una tragedia straziante».

Poi le note del Silenzio e la benedizione del cippo e della targa in metallo sistemata e ripulita per l’occasione da chi si prende cura da sempre di quel luogo. «Il pensiero ed il nostro più grande grazie va Ernestino Taino che fino al 2020 si è occupato di questo luogo. Ad Eugenia e Palmira Guarneri che si prendono cura dello spazio dove ci troviamo, a suo marito Maurizio Lanfranchi, che ha restaurato la targa con incisi i cinque nomi. Ed infine grazie a tutti coloro che si sono prodigati per la realizzazione di questa commemorazione».

Un momento intenso nel ricordo, più vivo che mai, di quei bambini che ormai a guerra conclusa e con l’estate alle porte, hanno perso tragicamente la vita.

«IO NON POTRÒ MAI DIMENTICARE»

serafini

Tra quei bambini che avevano deciso di passare il caldo pomeriggio tra le acque del canale nel mezzo della campagna di San Giacomo Lovara c’era anche lui, Sandro Serafini (nella foto), oggi novantenne, sopravvissuto alla tragedia del 18 giugno 1945. E ieri, nel giorno dell’ottantesimo anniversario non è voluto mancare. Accompagnato dal figlio Leonardo nel luogo dove la sua vita è inevitabilmente cambiata. «Avevo dieci anni quando è successo – ricorda Serafini, commosso – ed è una cosa che non potrò mai dimenticare, anzi mi ricordo tutto, perfettamente. Ogni singolo dettaglio, lo scoppio, le schegge, il dolore e lo strazio dei nostri genitori, i loro sguardi persi nel vuoto». Un pomeriggio come tanti, diventato tragedia. «Avevamo deciso di portare qui quell’ordigno che qualcuno di noi aveva trovato, non pensavamo potesse scoppiare. Ci giocavamo, era caduto sul manufatto in cemento una prima volta, ma la vite si era rotta e dunque la capsula era rimasta pulita, come mi hanno poi spiegato gli artificieri. Uno scoppio quasi impercettibile, io però per sicurezza mi sono allontanato. E questo istinto mi ha salvato, sono un miracolato».

L’ordigno cadde di nuovo buttato a terra, ma proprio perché la vite era rotta per farlo deflagrare completamente non serviva un gran colpo. «E così è stato; è bastato pochissimo per farlo scoppiare in tutta la sua potenza: ricordo il boato, poi il fumo, le schegge impazzite, Ernesto Taino che scappava. Il silenzio e poi poco dopo le urla di dolore dei nostri genitori. Non era rimasto niente dei miei amici erano stati completamente dilaniati. Noi sopravvissuti siamo stati soccorsi, sono rimasto 25 giorni in ospedale». Un ricordo con cui Sandro convive da sempre. «E che ancora oggi mi tiene sveglio; ho deciso di venire qui in questi luoghi, che sono così cambiati da allora, perché non volevo mancare. Sono due notti che non dormo, ma era giusto esserci. Lo dovevo ai miei compagni e alla vita che loro non hanno potuto vivere».

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