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CASALMAGGIORE

Busi: comitato d’ascolto, la richiesta è respinta

La proposta dei familiari degli ospiti. La Fondazione non accetta

Davide Luigi Bazzani

Email:

davideluigibazzani@gmail.com

13 Giugno 2025 - 18:26

Busi: comitato d’ascolto, la richiesta è respinta

Laura Passerini e Marilena Flisi

CASALMAGGIORE - Un gruppo di famigliari degli ospiti della Fondazione Busi di Casalmaggiore, guidato da Laura Passerini e Marilena Flisi, ha deciso di farsi portavoce delle criticità vissute quotidianamente nella struttura, avanzando la proposta di istituire un comitato di rappresentanza delle famiglie. L’iniziativa, accolta con interesse da altri parenti, si è però arenata dopo un incontro definito «cordiale ma un po’ distaccato» con la presidente della Fondazione Bruna Masseroni, che ha respinto l’idea di un inserimento ufficiale del comitato nello statuto dell’ente. «Purtroppo abbiamo trovato un muro».


Passerini, che ha la madre ricoverata da quasi tre anni, racconta un’esperienza segnata da disservizi e da una comunicazione giudicata inadeguata tra struttura e famiglie. Anche Flisi, la cui madre è entrata più di recente, ha condiviso diverse situazioni problematiche. «Non vogliamo assolutamente muovere una guerra al Busi, ma collaborare, portare il punto di vista dei familiari, aiutare a migliorare il servizio», spiegano. «Il nostro spirito vuole essere costruttivo».


Tuttavia, l’incontro con la presidente e la vicepresidente, Maria Luisa Veronesi, non ha avuto buon esito: «Volevamo solo un confronto, un riconoscimento formale del comitato nello statuto, come già avviene in altre strutture come Cremona Solidale. Ma ci è stato detto che non c’è tempo da perdere per queste cose», riferiscono.


Passerini e Flisi non nascondono i problemi, legati agli ingressi, a stanze non pronte, a carenza di comunicazione su terapie e visite, alla mancanza di aggiornamenti sullo stato di salute degli ospiti, a una gestione disorganizzata del personale e a scarsa attenzione alla qualità dell'accoglienza. Passerini ricorda: «Il giorno dell’ingresso la stanza non era pronta, il bagno era sporco, ho pensato seriamente di riportare a casa mia madre». Ci sono poi episodi come la mancata assunzione di responsabilità sugli apparecchi acustici e dentali, indumenti personali spariti o mescolati con quelli di altri ospiti, dentiere e protesi non utilizzate per «timore che si rompano».


Nonostante queste segnalazioni, le interlocutrici riferiscono che «le risposte sono vaghe, e la Carta dei Servizi purtroppo viene rispettata solo in parte». «Capiamo perfettamente che gestire la Fondazione non è semplice. I veri problemi sono nell’organizzazione, nel coordinamento e nella comunicazione – spiegano Flisi e Passerini –. Il personale fa del proprio meglio, ma è sotto organico, e le figure nuove non sempre hanno la formazione o il tempo per orientarsi. E chi non ha nessuno che lo segue ogni giorno resta invisibile».


Al rifiuto della presidente di istituzionalizzare il comitato, il gruppo non vorrebbe fermarsi: «Tanti familiari ci chiedono il comitato, vogliono sapere, vogliono essere coinvolti. Serve un luogo riconosciuto dove raccogliere problemi, suggerimenti, osservazioni. Non per criticare, ma per partecipare in modo attivo e aiutare la gestione della struttura».


Il gruppo, deluso anche dal recente aumento delle rette comunicato senza alcuna assemblea o confronto, spiega di non volere «creare polemica, ma nemmeno di accettare passivamente il silenzio. Pensiamo a chi non ha nessuno. Il comitato sarebbe anche uno strumento utile per la struttura: un interlocutore unico e costruttivo». Ora i familiari chiedono che anche le istituzioni locali prendano posizione e aprano un dialogo. Perché il tema, dicono, non è solo organizzativo: riguarda la dignità quotidiana degli anziani.

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