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LA CITTÀ DELLA MUSICA

Liuteria, Satta: «Condividere la tradizione»

Parla la manager della promozione presso l’Ufficio Unesco: «L’obiettivo è comunicare in maniera corale»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

13 Giugno 2025 - 09:15

Il suono di Stradivari – Audizioni con il violino Stradivari Vesuvio 1727c

CREMONA - Ha lavorato per otto mesi come esperta di comunicazione e promozione presso l’Ufficio Unesco, Noemi Satta, lascia l’incarico non senza qualche rammarico, ma con la consapevolezza di aver tentato di immaginare una narrazione condivisa della liuteria cremonese. «Per la Liuteria cremonese è importante parlare con una propria voce riconoscibile e unitaria. Tutte le componenti hanno la loro autonoma voce, ma solo tutti insieme contribuiscono a formare il suono riconoscibile della Liuteria Unesco. Pulire il campo dai ‘rumori’ che confondono e distolgono attenzione: a questo risultato abbiamo lavorato nel 2023/2024, lavorando per semplificare, togliere, chiarire».

Date queste premesse, che cosa ha fatto?
«Prima di tutto mi sono concentrata sul branding e il manuale d’uso, per due motivi fondamentali. Il primo: avere un sistema di segni, visivi e lessicale-contenutistici, riconoscibile e differenziante. Il secondo: essere aggreganti. Il sistema visivo è stato studiato in modo che potesse legare e diventare lentamente una cassa di risonanza di tutte le voci rendendo evidente che si parlava sempre nell’ambito del Piano di Salvaguardia Unesco della Liuteria cremonese, unendo le forze nella comunicazione».

Come ha trovato e come ha lasciato il Piano di Salvaguardia?
«Il piano di Salvaguardia è una bussola e una mappa che indica in quale territorio, con quali direzioni si viaggia, quali tappe necessarie, quali variazioni nella rotta. Fondamentale è stato il lavoro di inventariazione del patrimonio immateriale e il percorso di formazione: la comunità è stata coinvolta e tutto è rintracciabile sul sito web liuteriacremonese.it. Lasciamo un quadro di riferimento che con le giuste competenze e con attenzione curatoriale può continuare a produrre effetti».

Che cosa serve ora?
«Sicuramente serve un investimento continuativo nel tempo. Lungo i mesi di lavoro una parte del nostro incarico era legata a riannodare la rete e a presentare strumenti, cornici comuni, vantaggi dall’uso di un diverso linguaggio e modi per lavorare insieme». «Lentamente si guadagna la fiducia da parte della rete nella visione prodotta e, tra gli effetti, cito le prime adesioni alla raccolta, condivisione e produzione di comunicazione comune, che stava lentamente diventando confronto su progettazione e programmazione». La comunicazione così impostata, infatti, ha un effetto sulla governance strategica di un sistema che richiede di avere momenti di discussione e di scambio».

Come mai l’esperienza si è conclusa dopo meno di un anno?
«Il contratto in essere prevedeva, naturalmente, una conclusione. È forte e reciproca la stima con l’amministrazione e l’Assessorato alla Cultura, a partire dalla dirigenza e tutto il suo staff, e quindi se si troveranno i fondi per finanziare incarichi esterni si potrà ripartire. Risorse economiche e competenze specifiche, anche esterne quando necessario, devono poter accompagnare in modo continuativo, almeno finché non si sono formate delle risorse e degli staff capaci di proseguire in autonomia. Sicuramente Cremona ha saputo produrre nuove visioni e metterle a terra negli ultimi 15 anni, portandola a essere una città molto attrattiva per turisti e per studenti, per giovani e per i suoi cittadini. Adesso è forse utile rinnovare la visione e dare alla cultura il suo proprio ruolo: capacità attrattiva e rigenerativa, dimensione collettiva del futuro, possibilità di orientare talenti e saperi verso le prossime sfide».

Secondo la sua esperienza che cosa bisogna fare ancora?
«Nello specifico della liuteria, l’Unesco serve a raccontare meglio ciò che produce status per il sapere tacito della liuteria cremonese e ne protegge l’artigianalità: la ricerca, per esempio, a tutti i livelli, diffusa e raccontata anche in modo divulgativo, come per esempio con il progetto editoriale avviato nel 2024 ‘Voci dalla rete della Liuteria’ (su Linkedin). Valorizzare la grande capacità attrattiva del sistema formativo, in controtendenza rispetto ai dati nazionali, che rende Cremona un Campus diffuso: questo il nome dato a un progetto di racconto dai giovani per i giovani della liuteria cremonese. Questi contenuti portano, lavorando in continuità e in rete (non come singoli soggetti): ampliamento e rafforzamento delle reti internazionali, dell’attrattività generale di Cremona, consolidamento del brand. Serve, inoltre, condividere il capitale relazionale di ognuno dei singoli attori, come in una vera e propria rete; proseguire nel riannodare il confronto tra musicisti e liutai; consolidare la relazione tra liuteria e cittadinanza allargata».

La paura oggi è quella della concorrenza globale, ma soprattutto dell’eccessivo numero di botteghe in città. Questa paura come può coesistere col saper fare liutario?
«Cremona è così interessante perché da secoli rappresenta un unicum e negli ultimi decenni ha saputo valorizzarsi e rinnovarsi. Tutto l’articolato sistema già descritto ha un effetto sulla produzione valoriale e di immaginario, sostiene la differenziazione, e costituisce un potente antidoto per l’artigianalità di altissimo livello di Cremona per navigare con destrezza anche mari molto agitati».

Che cosa manca alla liuteria e alla sua narrazione per essere veramente leader nel mondo?
«Lascio con lo stimolo a concentrare le attenzioni sul mantenimento della qualità del progetto, delle forme, dei materiali, dei suoni della liuteria Cremonese da oggi ai prossimi 30 anni. Serve non pensarsi isolati ma nell’arcipelago, in un ecosistema vivo e fortemente rappresentativo dell’unicità della liuteria cremonese a livello nazionale e internazionale. Su questo bisogna lavorare». 

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