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RICORDANDO GLI ANNI DI PIOMBO

L’omicidio di Ramelli: «Basta odio e brutalità»

Presentato in Sala dei Quadri il libro di Giraudo: «Quella storia fa ancora paura»

Rebecca Loffi

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redazioneweb@laprovinciacr.it

09 Giugno 2025 - 21:56

L’omicidio di Ramelli: «Basta odio e brutalità»

CREMONA - Il 29 aprile 1975 moriva Sergio Ramelli, studente milanese di 18 anni, a seguito di violenti colpi inferti al capo 47 giorni prima, da militanti di Avanguardia Operaia armati di chiave inglese. Il giovane, aggredito a poca distanza dalla sua abitazione, faceva parte del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano. La sua storia — che è ‘storia d’Italia’ – ha oggi più che mai un valore esemplare, e riporta in vita un momento storico in cui, a parlare, fu troppo spesso «la violenza, anziché la politica». Gli anni di piombo.

Proprio alla memoria del giovane milanese è dedicato il libro di Guido GiraudoSergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura’, presentato oggi pomeriggio, presso la Sala Quadri del Comune di Cremona e giunto alla sua decima edizione.

L’iniziativa — fortemente voluto dal dipartimento provinciale tutela vittime di Fratelli d’Italia, con la sua responsabile, Rina Daniela Maestrelli – ha visto la partecipazione, accanto all’autore, del presidente del Consiglio comunale, Luciano Pizzetti, del consigliere regionale Marcello Ventura e di Marco Olzi, capogruppo consigliare per Fdi.

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Luciano Pizzetti, Rina Daniela Maestrelli, Paolo Gualandris, Paola Frassinetti, Riccardo De Corato e l’autore Guido Giraudo

A ricordare Ramelli, inoltre, due diretti testimoni di quel clima di terrore e di violenza: gli onorevoli Paola Frassinetti, sottosegretaria di Stato per l’Istruzione e il merito, e Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente della commissione affari costituzionali della Camera, entrambi ex militanti delle organizzazioni giovanili affiliate all’Msi. Moderatore dell’incontro, Paolo Gualandris, direttore del quotidiano La Provincia. Pizzetti ha sottolineato: «Gli anni di piombo furono l’inverno della Repubblica: i servitori dello Stato venivano uccisi per il proprio lavoro; quelli che servivano la democrazia, invece, per le proprie idee. Il dramma di Sergio, oggi — ha aggiunto —, non è patrimonio ‘politico’ esclusivo: ma appartiene ad ogni cittadino responsabile, che vorrebbe più forte la democrazia».

Anche il consigliere regionale Ventura, e il capogruppo Olzi si sono soffermati a riflettere sulle gravi conseguenze di un clima di intolleranza diffusa, che appare, ad oggi, tutt’altro che sopito, e sul valore fondante della libertà di espressione. Una libertà che durante gli anni di piombo, ai giovani militanti affiliati alla destra — hanno affermato Frassinetti e De Corato — veniva, tuttavia, negata.

«La Milano degli anni ‘70 era probabilmente l’epicentro di questa caccia alle streghe», ha raccontato Frassinetti. «La città, presidiata dal movimento studentesco dei katanga, con le loro temibili chiavi inglesi, reprimeva duramente le nostre possibilità di esprimerci, e minacciava la nostra incolumità. Oggi, il ricordo di Sergio deve raggiungere soprattutto le scuole; per far comprendere ai giovani che la violenza non deve mai più entrare nei luoghi dell’istruzione, contenitori di civiltà».

«‘Pagherete caro, pagherete tutto’: così ci minacciavano, in quegli anni, i militanti di Lotta Continua – ha ricordato, invece De Corato –. A Milano, i katanga erano circa 20mila: ma per chi provava a segnalarli, veniva proposto il confino di polizia».

«Ripensare alle vicende della mia generazione – ha concluso infine l’autore Gribaudo — è una ferita ancora aperta. Ma restare in silenzio a fronte di una storia italiana che, dal 1920, si è trascinata da un eccidio all’altro era impossibile: ho figli e nipoti e non potrei che desiderare, per loro, la scomparsa di quel seme da cui origina la cieca violenza. Nessuno di noi nasce naturalmente animato dall’odio: ecco, perché raccontare la storia di Sergio, ancora oggi, è di importanza straordinaria. Occorre tutelare le generazioni che verranno, provando ad abbattere quel sistema che continua a generare divisioni e brutalità».

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