L'ANALISI
LE STORIE DI GIGIO
09 Giugno 2025 - 05:25
Da sinistra Nadiya Petrenko, Viktoriia Balan, Tetiana Petriv e Kseniia Overko
CREMONA - Una ha già tenuto vari concerti, l’altra sarà Turandot, l’altra ancora ha interpretato Lady Macbeth di Verdi. Si stanno impegnando molto per migliorarsi sempre di più perché amano la musica. Ma il loro pensiero va costantemente alla patria, alla guerra, a queste ore cruciali e drammatiche. «Non ci fidiamo della Russia e di Putin, speriamo nella pace, ma una pace giusta».
Sono le tre giovani ucraine che per diventare cantanti liriche hanno scelto Cremona e come maestra una loro connazionale: Nadiya Petrenko, affermato mezzosoprano molto conosciuta in città per il suo talento e la sua passione civile. Originaria di Leopoli, si è trasferita 25 anni fa in Italia, dove ha frequentato corsi di alto perfezionamento con Angelo Bertacchi, Katia Ricciarelli e Walter Coppola. Nel 2003 ha debuttato al teatro di Lecce e nel 2004 al Ponchielli. Dal 2009 guida la prestigiosa Scuola di canto lirico, presso la Società filodrammatica cremonese. Tra quelle mura si respira un’aria internazionale. «In questo momento ho più di 20 allievi sparsi in giro per il mondo, in Germania, Israele, Argentina e tutta Italia, compresa Cremona: vengono qui oppure insegno on line».
Del gruppo fa parte Tetiana Petriv, 24 anni, di Kiev, che alterna le lezioni al Conservatorio Monteverdi con quelle della sua mentore. «L’ho conosciuta attraverso il passaparola. Quando il mio Paese è stato invaso, ero già a Cremona da 6 mesi. Ricordo bene quel mattino, ho creduto che non avrei più rivisto mio padre, arruolatosi come volontario per difendere la nostra terra, e mia madre». Invece è tornata in Ucraina tre volte, l’ultima lo scorso agosto su un pullman Milano-Kiev. «La mia famiglia e i miei amici sono abituati a vivere in situazioni stressanti: le sirene che suonano, la fuga nei rifugi sotterranei, i bombardamenti».
Sa quello che vuole, ha uno sguardo dolce ma un carattere forte. «Con le note acute la mia voce si stancava, ma la signora Petrenko mi ha aiutato a risolvere il problema. Mi ripetevano che non avrei potuto cantare, non credevano nella mia voce. Sono molto contenta perché ho ascoltato il mio cuore e sono andata avanti». Anche il papà non voleva che la figlia seguisse questa strada artistica. «Adesso invece è lui che mi domanda sempre: quando il prossimo spettacolo?» Nei pochi momenti in cui non è impegnata con la musica, compone poesie. «Il mio sogno è riuscire a scriverle in italiano. Sono versi romantici, parlo dell’amore ma anche delle cose della guerra».
Tetiana si sente ogni giorno con la madre e con lei discute degli ultimi sviluppi del conflitto. «Il mio desiderio è che tutto finisca. Se mi fido di Putin e della Russia? Certo che no, come potrei?” C’è una data che il promettente soprano non potrà mai dimenticare. «Il 13 marzo 2022, poco dopo l’avanzata di Mosca, mi hanno chiesto di cantare dalla finestra del Palazzo comunale l’inno ucraino. Penso sia stata l’esibizione più importante da quando sono qui. Accanto alla bandiera italiana sventolava quella del mio Paese».
Kseniia Overko, 27 anni, ha gli occhi dello stesso azzurro di quel vessillo. Anche lei, dal palco di un teatro in Umbria, ha intonato il motivo patriottico. Del terzetto di piazza Filodrammatici è la prima ad essere arrivata a Cremona, nel 2018, quando l’invasione era ancora lontana. Figlia unica, è nata in una famiglia di musicisti, «una famiglia musicale», sorride. «I miei genitori sono insegnanti di fisarmonica, tantissimi miei parenti suonano o cantano, è questo il mondo in cui sono cresciuta». Ha cominciato a studiare con l’attuale sua insegnante nel 2015 in Polonia, è la sua allieva storica. «Poi ho finito il mio percorso come pianista a Kiev e cominciato quello al Conservatorio Monteverdi dove, a fine aprile, mi sono laureata in canto lirico». Ha dedicato la laurea a Giacomo Puccini lanciandosi, quel lunedì, in 11 arie delle sue opere. Un anno fa si è iscritta al Conservatorio di Milano. Nei ritagli di tempo libero, torna nel suo appartamento cremonese per ripassare gli spartiti. «Mi sono innamorata della vostra città. Nadiya continua a seguirmi nella musica ma anche nella vita quotidiana. Certo che mi manca casa mia. Noi tutti vogliamo la pace, la voglio anch’io». Parla poco della guerra; molto, con trasporto, del suo lavoro. «Agli inizi dell’anno prossimo interpreterò Turandot nell’ambito di un progetto internazionale, molto tecnologico, che si chiama ‘Quattro Turandot’ e che prevede la messa in scena di quattro versioni dell’opera di Puccini in altrettanti Paesi: Stati Uniti, Cina, Corea e Italia. Quattro cast e quattro finali diversi: come noto, Puccini morì prima di completare la partitura. Sono emozionata all’idea, sarà il mio primo ruolo importante».
Infine, Viktoriia Balan, 32 anni, in Italia dal 2022, anche lei soprano. Forse è perché conosce sulla sua pelle la parola profugo e proviene da una delle città ucraine più martoriate, Nikopol, a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia occupata dall’esercito nemico, che ha le idee chiare. «La guerra deve finire, ma non con la cessione di mezza Ucraina». Anche lei parla quotidianamente con la madre. «Dice che i russi continuano a bombardare, ma non se la sente di abbandonare la nonna che vuole restare. A marzo sono rientrata in Ucraina ma a Odessa, dove mi hanno raggiunto i miei, e non a Nikopol perché è troppo pericoloso: lì la gente si reca al lavoro, le scuole e i ristoranti sono aperti, tutto sembra funzionare, ma risuonano sempre gli allarmi. Da una parte, c’è la vita vera; dall’altra, la vita del giorno dopo giorno con la paura che ti cada qualcosa in testa». A 14 anni la svolta. «A Nikopol non esiste un teatro lirico, ma arrivava un insegnante di canto che mi ha ascoltato e detto: hai una bella voce. Così sono andata a Odessa, dove ho frequentato il Conservatorio. Giunta in Italia, a Trento, Giovanna Lomazzi, amica-collaboratrice di Maria Callas e vicepresidente dell’AsLiCo dei teatri lombardi, mi ha indirizzato alla signora Petrenko». Viktoriia è entrata nella sua accademia e un anno fa, vinto un concorso, si è trasferita a Spoleto, al Teatro lirico sperimentale, un buon trampolino di lancio. «La mia è una famiglia di ingegneri, sono l’unica a cantare. Canta anche mia nonna, in cucina e per se stessa. Cantava con una voce bellissima pure sua sorella, ma solo per hobby. Mi dice spesso che la carriera devo farla per noi due». Lei ce la sta mettendo tutta per renderla felice. Ce la farà anche il suo Paese? «Se l’Occidente resterà unito, riusciremo a contrastare la Russia: ha più soldi, più risorse, più armi, ma non ha il nostro coraggio. Spero nella pace. Ma una pace giusta. Non possiamo permettere che tante persone siamo morte per niente».
La stimata maestra di bel canto sottoscrive le parole della sua talentuosa allieva. «Non aspettatevi che gli ucraini si arrendano. Combatteranno sino all’ultima goccia di sangue, sino all'ultimo respiro perché abbiamo uno spirito forte. Lo spirito della libertà». Della libertà e della musica.
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