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Glicemia alta e melanoma: scoperta choc sulla sopravvivenza

Anche nei pazienti senza diabete, livelli elevati di zucchero nel sangue possono compromettere la risposta all’immunoterapia. La ricerca presentata all’ASCO suggerisce che dieta e abitudini quotidiane possano influenzare l’esito delle cure

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

01 Giugno 2025 - 14:02

Glicemia alta e melanoma: scoperta choc sulla sopravvivenza dei pazienti

CREMONA - Un semplice valore ematico potrebbe cambiare il destino dei pazienti colpiti da melanoma metastatico. Lo dimostra uno studio italiano presentato oggi, domenica 1° giugno, al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago. La ricerca, firmata da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia del Pascale di Napoli, evidenzia come livelli elevati di zucchero nel sangue, anche in persone non diabetiche, siano legati a una sopravvivenza significativamente più breve.

«Potremmo aver identificato un nuovo indicatore prognostico – spiega Ascierto – utile per anticipare l’efficacia dei trattamenti e distinguere i casi più critici».

L’indagine ha coinvolto 1079 pazienti non affetti da diabete, in cura con inibitori dei checkpoint immunitari, terapie che potenziano la risposta del sistema immunitario contro il tumore. Il team ha monitorato il glucosio in tre diverse occasioni, nelle due settimane precedenti l’avvio delle cure, stabilendo come soglia il valore di 93,33 mg/dL.

I risultati parlano chiaro: chi mantiene valori inferiori a questa soglia ha una sopravvivenza mediana di 27,7 mesi, contro i 14,5 di chi registra un eccesso. Anche il tempo trascorso senza progressione della malattia è molto più lungo nei primi (7,4 mesi contro 4,3), con un guadagno del 72%.

Oltre ai numeri, la ricerca apre scenari importanti sul piano biologico. «Abbiamo osservato una correlazione tra zuccheri elevati e alti livelli di interleuchina-6 (IL-6), un marcatore dell’infiammazione», riferisce Domenico Mallardo, ricercatore del Pascale. L’analisi di 95 campioni di RNA ha inoltre rivelato legami con geni coinvolti nei processi infiammatori e nella regolazione del ciclo cellulare.

Le conseguenze pratiche potrebbero essere notevoli. «Anche senza una diagnosi di diabete – sottolinea Ascierto – è possibile individuare pazienti a maggiore rischio di risposta negativa all’immunoterapia. Questo ci apre alla possibilità di intervenire in modo mirato, ad esempio agendo su alimentazione e abitudini quotidiane per mantenere i livelli di glucosio entro limiti più favorevoli».

Non si esclude nemmeno una futura strategia farmacologica. La connessione tra metabolismo, infiammazione e proliferazione tumorale potrebbe portare a nuovi bersagli terapeutici. Serviranno tuttavia ulteriori studi per confermare i dati e definire eventuali protocolli di intervento. Se confermata, la misurazione del glucosio a digiuno potrebbe diventare un parametro standard nella valutazione iniziale dei pazienti oncologici in terapia immunologica.

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