L'ANALISI
20 Maggio 2025 - 18:36
CREMONA - Sale l’attesa per il Salone del Cavallo Americano, di scena a CremonaFiere dal 23 al 25 maggio. E sale l’attesa in particolare per l’arrivo di Andrea Fappani, italo-americano di stanza negli States dal 1997 e numero uno assoluto del Reining che tornerà a gareggiare in Europa per la prima volta dopo moltissimi anni. E lo farà, non a caso, proprio a Cremona.
Il ‘Sinner del Reining’, come è già stato soprannominato, ha inanellato una serie impossibile di successi nei più grandi eventi americani, fino a diventare il cavaliere che più ha vinto nel mondo e nella storia di questa disciplina fin dagli esordi negli anni Cinquanta. Ora scenderà nella grande arena ovale del Salone per contendersi con i migliori cavalieri europei uno dei titoli attualmente più prestigiosi al mondo: quello di NRHA European Futurity Open Champion 2025, la gara più ricca del Vecchio Continente perché offre un milione di dollari come montepremi.
Ma anche altri fattori hanno spinto questo maxi-calibro a intraprendere il lungo viaggio insieme al suo miglior giovane cavallo del momento, con tutte le spese e l’impegno che questo comporta: si tratta di un convinto endorsement per il livello cui è giunto il Reining in Europa, sia quanto a degni avversari sia come qualità organizzativa degli eventi. Credito concesso fino ad ora solo a quelli affidati all’esperienza pluridecennale di Giancarlo Doardo, che del Reining a Cremona è l’assoluto master chef.
Classe 1977, Andrea in un certo senso torna a casa: è infatti nato a una manciata di chilometri da Cremona, in provincia di Bergamo. Suo padre Sergio, titolare di un’importante azienda agricola e grandissimo appassionato di cavalli americani, è stato presidente dell’Italian Reining Horse Association in anni in cui questo sport visse la svolta da hobby per pochi facoltosi a vera e propria disciplina sportiva. Andrea è la dimostrazione lampante che chi ha tempra e regge la pressione non può che arrivare al successo: «Qualunque cosa abbia sbagliato in vita mia, e ne ho sbagliate tantissime, la volta dopo non l’ho sbagliata più — spiega —. Questo è fondamentalmente ciò che ti permette di andare avanti».
Certamente quello di Fappani è un successo che forse nemmeno lui poteva immaginare: diventare il migliore al mondo in questo sport, soprattutto senza essere americano, non è esattamente una passeggiata. «Un sogno? Forse più una sfida. A 18 anni ho parlato con mio papà e gli ho detto: io ci provo. Poi se non ce la faccio abbasserò le ali, tornerò a casa e lavorerò con te nella nostra azienda. Invece è andata bene».
La gavetta, però, Andrea l’ha fatta tutta, di là dall’oceano: ha iniziato a lavorare in Oregon per Todd Bergen, un grandissimo trainer in quegli anni, dove si è fatto le ossa riguardo al difficile circuito americano. Nel 2001, a 24 anni, in sella ad RR Star vinceva già il suo primo Futurity Open (gara riservata ai puledri di tre anni che è in assoluto la più importante per la disciplina in America), primo non americano e più giovane rider a compiere l’impresa. E nel 2003 si era già messo in proprio, coltivando da allora in una costante ascesa il proprio business senza mai un inciampo.
«Sono metà bergamasco e metà bresciano, lavoriamo sodo, non molliamo mai», ride. Ad oggi rimane l’unico non americano ad aver vinto il massimo titolo nel grande Futurity di Oklahoma, che i reiners chiamano significativamente The Big One, e lo ha fatto per ben quattro volte. Queste, e una marea di altre vittorie affisse nel suo interminabile medagliere, gli hanno fruttato nel 2006 il primato di più giovane Million Dollar Rider della storia. Da lì in poi, di milione in milione, è oggi arrivato ad essere l’unico e solo 9 Million Dollar Rider al mondo.
Ma le basi del successo internazionale vengono tutte dalla laboriosa pianura padana: «Riguardo all’accumulo di vincite NRHA, quelle che nella vita di un reiner vanno poi a sommarsi per ottenere i vari titoli Million, avevo già iniziato quando ero bambino», ricorda il campione. «Mio padre ed io siamo sempre stati molto seri, e anche se non correvo nelle categorie professionali dedicavo tutto il tempo in cui non ero a scuola ai cavalli. Naturalmente la parte più grossa è arrivata dopo il trasferimento negli States. Ho messo giù la testa, ho cercato di imparare da tutti quelli che volevano insegnarmi qualcosa. E ho imparato veramente molto. In America più lavori sodo più vai bene, più vai bene più ti arrivano le opportunità. È una formula matematica, non c’è nessun segreto: grandi cavalli, grandi clienti e così sono riuscito a esprimermi».
Modesto, in realtà: perché a cavallo serve anche talento e non tutti lo posseggono. È una dote naturale. Ma Andrea continua a sottolineare come nel suo mestiere la sete di conoscenza faccia la parte del leone: «Non bisogna avere solo fame di vittoria, ma autentica fame di imparare. Io ho imparato sia dai trainer per cui ho lavorato o da quelli che mio padre i primi tempi pagava per farmi da coach, sia da tutti i ragazzi che hanno lavorato per me. Tengo la mente aperta, perché si apprende sia dai grandi che dai piccoli. Ogni persona nell’ambiente dei cavalli è molto brava a fare qualcosa: cerca di capire qual è e falla tua! Imparo anche da mio figlio, così come lui ha imparato da me: ci stiamo spingendo a vicenda in una sana competizione famigliare».
Anche Luca, figlio maggiore di Andrea e della sua moglie californiana, Tish, ha infatti già intrapreso la carriera professionale nel reining, lavora al fianco del papà ed è già di primissimo piano. Jeremy, invece, il figlio minore, ha un’altra passione che coltiva a sua volta a livello agonistico e con grande successo: il motocross.
A Cremona, Fappani monterà Hosss, un magnifico stallone Quarter Horse di 4 anni che con lui è stato 4° allo scorso Futurity Usa: un cavallo dalle qualità eccezionali, che conosce molto bene per averne addestrato sia il papà, il famoso riproduttore Shining Gun, sia la mamma: «Questo mi fa sentire un po’ vecchio — scherza —. Ma ero davvero curioso di vedere il risultato di due talenti come quelli dei suoi genitori, che avevo sperimentato di prima mano». Ma come è venuta la decisione di tornare a gareggiare in Europa dopo tanti anni? Si è trattato solo dell’appeal di una gara e di una sede logistica ormai perfette anche per un palato fine come il suo, o c’è altro?
«Certamente c’è stato anche un richiamo emozionale… Alla fine il mio cuore è sempre italiano, e avevo spesso detto sia alla mia famiglia sia a mio padre che almeno una volta, finché sono ancora competitivo, avrei voluto tornare. Ho capito che il momento era arrivato lo scorso novembre a Oklahoma City, durante il Futurity: Eleuterio Arcese stava illustrando a me e ai proprietari di Hosss il Program europeo e le caratteristiche dell’evento, e loro hanno detto ‘a noi farebbe piacere far conoscere la nostra scuderia dall’altra parte dell’oceano. Tu sei sei italiano e ti piacerebbe andarci con un cavallo competitivo. Mettiamo insieme i nostri sogni e partiamo!’. È bellissimo, sarò di nuovo a Cremona, dove è un po’ iniziata la mia carriera quando ero giovane. Dal compianto Peppo Quaini lavorava il meglio dei trainer americani dell’epoca: Mike Davis, Scott Fisher… Io andavo ad allenarmi là. E poi alcuni dei pionieri del Reining in Italia sono stati cremonesi. Perché è proprio tra il Veneto e Cremona che è iniziato un po’ tutto. Sono sicuro che ritroverò tanti amici e sarà davvero bello ed emozionante».
Ma cosa pensa Andrea della concorrenza che si troverà di fronte una volta varcato il gate? Qual è la sua opinione sul livello del Reining che vedremo al Salone comparato con quello Usa? «Ormai la differenza sta solo nei numeri, ovviamente in America molto più alti. Ma la qualità in Europa è uguale al top quality in America. Ci sono ragazzi che sono venuti recentemente a mettersi alla prova negli Usa e con cavalli buoni hanno fatto delle splendide figure: vorrei citare per esempio Gennaro Lendi, che ora è mio vicino a Scottsdale (siamo appena stati co-Champions in un Derby pochi giorni fa), o Mirko Midili, che anche lui sta andando molto bene. Ci sono un sacco di italiani ed europei che stanno dimostrando che siamo allo stesso livello».
E tra quelli che sono rimasti qui e che Andrea dovrà affrontare sulla sabbia cremonese? «Beh lì l’uomo da battere è certamente Manuel Cortesi: sembra non importi neanche il cavallo che monta, ormai sta vincendo tutto! Contro di lui sarà una sfida sia per me che per chiunque altro. Però se sei confident dentro te stesso, sicuro di quello che fai, non ti preoccupi di chi dovrai battere. Io non ho paura, semplicemente faccio del mio meglio. Nella mia carriera ho corso contro tanti, tanti, talenti, alcuni anche migliori di me. A Cremona avrò un buon cavallo. E sarò lì con tanti amici a fare una bella esperienza. Se le cose andranno bene, Manuel farà fatica come la farò io. Se andranno male, magari non vinceremo né io né lui, ma qualcun altro».
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