L'ANALISI
16 Maggio 2025 - 05:30
Nel riquadro Luciano Pizzetti
CREMONA - Parte da un principio assoluto e incontestabile: «La sicurezza è un bene democratico primario e va tutelato».
E sottolineando che proprio a quell’assunto ha risposto la politica, «ribadendolo con chiarezza e senza infingimenti in aula», il presidente del consiglio comunale, Luciano Pizzetti, torna sull’ordine del giorno, approvato a larghissima maggioranza e senza voti contrari seppure con l’astensione di una parte della maggioranza — Vittoria Loffi (Radicali-Pd), Lapo Pasquetti e Rosita Viola (Sinistra per Cremona) — e di Paola Tacchini (M5S Cremona cambia musica) nell’opposizione, con cui si chiede al governo di adeguare l’organico delle forze dell’ordine presenti sul territorio, «come richiesto da diversi operatori di polizia», e di avere una presenza di personale dell’esercito, «come indicato dal prefetto», Antonio Giannelli.
È un tema caldo, quello del possibile sbarco anche a Cremona della missione Strade Sicure: perché sensibile è il fronte della sicurezza, da mesi; perché quell’ordine del giorno è stato proposto da Fratelli d’Italia e a sinistra qualcuno ha storto e si sta turando il naso; e perché anche la cittadinanza appare divisa tra chi spera che i militari arrivino, e arrivino presto, e chi invece avanza qualche dubbio su quella che considera una ‘militarizzazione’.
Ecco che allora, in uno scenario comunque complicato, l’obiettivo di Pizzetti non è quello di replicare ai contestatori ma, prima di tutto, di fare chiarezza.
«Non è in atto alcuna militarizzazione della nostra città — traccia subito il perimetro dei fatti e anche delle parole, il presidente del consiglio comunale —. Non vi è alcun cedimento a culture d’ordine che offuscano i diritti. Non vi è alcun allentamento nell’attenzione ai fenomeni di disgregazione sociale».
Al contrario, «è invece in essere un rapporto di positiva e fattiva collaborazione tra Stato ed enti locali, per contenere e circoscrivere fenomeni che si diffondono in tutte le città, inducendo paura e insicurezza tra i cittadini. E una persona insicura nella sua quotidianità, ancor più se genitore, non è di certo maggiormente incline alla convivenza con fenomeni migratori o di disagio giovanile che generano illegalità e sfociano a volte in aggressioni violente. Certo che occorre un approccio di tipo sociale, e infatti la metà del bilancio comunale è spesa sociale. Ma non basta. Il Comune può aiutare ma non riesce a rimpiazzare la famiglia, la scuola, gli oratori, i partiti, le organizzazioni sociali di massa. Vale a dire quelli che, prima di cambiamenti tumultuosi, erano luoghi e soggetti aggregativi che generavano inclusione e civismo».
I tempi cambiano. Portandosi dietro nuove emergenze. O semplici allerte prima sconosciute. E allora, nella visione pragmatica di Pizzetti, «serve anche un’azione diretta che assicuri alle persone la tranquilla vivibilità della città. Il loro diritto a sentirsi cittadini. Insieme al dovere di ciascuno a essere tali. Controllo, prevenzione, repressione se serve. La democrazia è un valore certamente, e pure una pratica che vive anche di questi presidi. Occorre contrastare lo spaccio di droga. E l’abuso di alcol, anche col contributo dei moltissimi commercianti seri e per bene, isolando e reprimendo i pochi che tali non sono e che favoriscono illegalità e violenza. Perciò serve un maggior controllo del territorio, soprattutto nelle ore serali».
E per questo, proprio per questo, «il consiglio comunale ha assunto una piena responsabilità, in netta alternativa alla propaganda populista e oscurantista di diversa origine e latitudine».
Si attende la risposta del governo, adesso: «Vedremo se saremo davvero ascoltati».
La precisazione, ulteriore e rimarcata, rivolta a chi sta mostrando qualche preoccupazione per quella che evidentemente giudica una possibile ‘militarizzazione’.
«Non abbiamo chiesto militari in giro per la città, ma in una sede puntuale e specifica — puntualizza Pizzetti —. La stazione treno-pullman, luogo di notevole passaggio e interconnessione sociale, dunque di maggiore criticità. Accade in tante altre città. Un’opportunità funzionale non un’iperbole allarmistica. Per una città da vivere senza barriere. I militari italiani operano in molti contesti nazionali a tutela della legalità e della democrazia. Associare la loro presenza all’opposto di ciò è davvero il retaggio di un passato che nulla ha a che fare con la moderna vita repubblicana. Ovvio, se l’organico delle forze dell’ordine fosse al completo, non vi sarebbe necessità di una simile presenza. Presenza dissuasiva e di aiuto al controllo del territorio. Perché nella zona stazione? Perché da lì giungono più frequentemente le richieste d’intervento alle forze di polizia. Le pattuglie in città non sono molte, proprio per carenza di organico. Se vengono impegnate spesso nell’area della stazione, si distoglie la loro azione dal controllo preventivo nel resto della città. Perciò la presenza dei militari lì, aiuterebbe il più generale presidio del territorio cittadino».
Un supporto: «Razionale e funzionale, non una degenerazione militarista. E per questo ritengo che la scelta del consiglio comunale sia un’azione civica buona e utile. Corredata dall’unanime apprezzamento e sostegno all’intenso e competente lavoro svolto dagli operatori e dalle operatrici della polizia locale, che ricordo non sono né carabinieri né poliziotti e che agiscono spesso oltre i propri compiti d’istituto pur di migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e di vivibilità della città. Vedremo se lo Stato, il governo centrale, ci ascolterà e agirà di conseguenza».
Quella è, per ora, la risposta che manca.
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