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CREMONA

Violenza sessuale su una bimba di 6 anni, il racconto shock alla maestra

«Dal vicino facciamo cose che non mi piacciono». A processo il 49enne nigeriano accusato di abusi, e di aver minacciato la piccola per «tenere la bocca chiusa», e un connazionale 32enne con la stessa accusa

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

13 Maggio 2025 - 19:42

Violenza sessuale su una bambina di 6 anni: «Ero posseduto dal diavolo»

CREMONA - L’anno è il 2020, paese del Cremonese. Una bambina di 6 anni che frequenta la prima elementare, confida a un compagno di scuola che lei «non gradisce andare dal vicino». Il compagno lo riferisce alla sua mamma, la quale, a sua volta, lo va a dire alla maestra. In classe, la maestra chiede spiegazioni all’alunna. «Vado a giocare da questo signore», dice la piccola. «Che gioco?», indaga la maestra. «Diglielo, diglielo», insistono i compagni, «ridacchiando». E lei spiega alla maestra: «Io non voglio andarci, ma ho paura che la mamma si arrabbi, perché facciamo delle cose che non mi piacciono».

La maestra: «‘Diglielo, perché la mamma non si arrabbia’». Le ‘cose che non mi piacciono’ sono riassunte in un capo di imputazione shock: violenza sessuale è l’accusa dalla quale deve difendersi il vicino di casa Micheal, nigeriano oggi 49enne, molto amico dei genitori della bambina (è difeso dall’avvocato Clara Carletti). Abusi con la minaccia alla piccola di tenere la bocca chiusa, altrimenti «ti succedono cose brutte». L’uomo, anche lui padre, oggi era in aula. Ma a processo c’è anche Jamil, connazionale di 32 anni, anch’egli accusato di violenza sessuale sulla piccola in epoca antecedente (è difeso dall’avvocato Raffaella Parisi). Il 32enne avrebbe inoltre mostrato dei video alla piccola. Jamil non era in aula.

L'avvocato Carla Carletti


Prima la maestra, poi la mamma della bambina, parte civile con l’avvocato Giorgio Milanesi, hanno narrato i fatti. «Bambina molto timida, riservata, ben educata, rispettosa e affidabile», l’ha tratteggiata la maestra. La mamma: «Ancora adesso mia figlia non sta bene, va male a scuola, stiamo facendo il percorso dagli psicologi, di notte fatica a dormire e ha paura a stare da sola». La madre ha raccontato del giorno in cui la maestra l’ha chiamata a scuola: «Mi ha detto che mia figlia non voleva andare a casa di questo Micheal. Lui andava a prenderla a scuola e la portava a casa sua, perché io in quel periodo era senza macchina. Con Micheal eravamo amicissimi. Ho chiesto a mia figlia: ‘Ma cosa sta succedendo con Micheal?’. Mia figlia: ‘Con Micheal faccio giochi che fanno i grandi...’». 


La denuncia alla polizia, la visita alla clinica Mangiagalli di Milano, l’indagine coordinata dalla Procura. E l’incidente probatorio: la bimba allora raccontò che «quasi ogni martedì», con la scusa di ‘fare il gioco dello sparisci’, Micheal, l’amico dei suoi genitori, la portava in casa sua e l’attirava in camera da letto. Ed è durante quell’incidente probatorio che la bimba fece anche il nome di Jamil per fatti accaduti tempo prima, quando lei aveva 6-7 anni.

L'avvocato Raffaella Parisi


«Conosco la moglie di Jamil, perché frequentavamo la stessa chiesa, ma in quella casa mia figlia è andata solo due volte», ha spiegato la mamma. La notizia shock arrivò alle orecchie della comunità nigeriana insieme a un audio, in cui la bambina raccontava quello che aveva subito. Ora, la comunità nigeriana ha il pastore e il vice pastore della chiesa. Prima di mettere in moto la macchina della giustizia, proprio il pastore provò a «mettere pace» tra le due famiglie, perché «io porto pace», ha fatto verbalizzare oggi.

«Mi ha avvisato Pamela, una che frequenta regolarmente la nostra chiesa — ha riferito —. Al telefono mi ha detto del praticante della chiesa (l’imputato Micheal). Io l’ho chiamato, lui mi ha detto che non era successo niente. Essendo un pastore, devo portare pace. Ho telefonato alla mamma della bambina, proponendole un incontro a casa insieme a Micheal. Ha accettato. La mamma mi ha detto che Micheal aveva molestato sua figlia. Lui ha negato». Voleva chiuderla con «la pace e le scuse», il pastore che deve «portare pace», ma il padre della bimba ( ed anche la madre) «era arrabbiato». Altro che scuse, «la legge».

L'avvocato Giorgio Milanesi


Due giorni dopo, il pastore, il vice e i vertici della comunità nigeriana (7-8 in tutto) si riunirono in un bar. C’era anche Micheal, l’imputato. E qui, le versioni del pastore e del vice discordano. Tranchant, oggi il vice: «Sono stato informato: uno shock. Ho detto a Micheal: ‘Guarda che la bimba ti accusa, c’è anche un audio’. Lui sapeva dell’audio. Di fronte a queste accuse, ha ammesso di averlo fatto, si è messo a piangere. Ha confessato. ‘Sono stato impossessato dal diavolo’».


Il pastore l’ ha raccontato diversa: «L’imputato ha negato. ‘Non ho toccato la bambina. Posso mettere la mano sulla Bibbia che nulla di questo è accaduto’». Per il pastore, «l’imputato non ha pianto», salvo poi precisare che lui dalla riunione se ne andò via prima per recarsi al lavoro nel Bresciano. «Perché una bimba dovrebbe dire cose così pesanti contro l’imputato?», ha rilanciato il presidente del collegio. «Non lo so, non ero presente, sono informazioni che mi sono state date». In aula si tornerà il 16 settembre prossimo: saranno sentiti un teste del pm, uno della parte civile e uno della difesa Micheal. Quest’ultimo si farà esaminare.

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