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L'INTERVISTA

Ilaria Capua: «Uniti e più preparati, così si battono i virus»

La virologa di fama mondiale venerdì 9 sarà ospite all’ MdV per il roadshow ‘Incontri con la scienza’

Niccolò Poli

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redazioneweb@laprovinciacr.it

05 Maggio 2025 - 05:25

Ilaria Capua: «Uniti e più preparati, così si battono i virus»

La virologa Ilaria Capua

CREMONA - «Io vorrei poter dire che non ci saranno più pandemie in futuro. Ma purtroppo la storia dice altro. E per combatterle, bisogna essere preparati».

È questo il monito di Ilaria Capua, virologa di fama mondiale, che sarà a Cremona venerdì 9 maggio nel roadshow ‘Incontri con la scienza’, organizzato da Fondazione LGH-Gruppo A2A, che avrà luogo all’Auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino a partire dalle 9.30. La sua lectio: Salute circolare: più eco meno ego’.
Un impegno, quello della prevenzione, che deve essere preso insieme a livello globale. «Gli Stati Uniti hanno però annunciato di voler abbandonare il prossimo anno l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e questa cosa non è certamente d’aiuto», aggiunge Capua, oggi in Italia, che lo stato della ricerca negli Stati Uniti lo conosce molto bene, avendo trascorso parecchi anni come direttore del Centro di ricerca One Health, presso l’Università della Florida, a Gainesville.

Dottoressa Capua, viviamo in un contesto globale di grandi spostamenti. In poche ore di volo si arriva da un continente all’altro. E poi c’è tutto il tema dei movimenti migratori. Questi continui flussi di persone possono in qualche misura favorire la diffusione di virus?
«Sì, l’abbiamo visto con il Covid. Ciò che noi possiamo fare è prepararci. Le pandemie si combattono con la scienza e con la ricerca: l’Ebola è stata arginata, così come Zika e SARS-CoV-1. Gli ultimi ordini esecutivi della nuova amministrazione americana non stanno però andando in questa direzione, perché sono state significativamente ridotte molte delle attività che si facevano in alcuni Paesi per contrastare gli spillover (salti di specie). Gli Usa hanno poi annunciato di voler abbandonare il prossimo anno l’Oms. Anche questa cosa non è certamente d’aiuto. L’Europa, in tema di ricerca, ha dunque perso un partner molto importante».

Cremona, insieme a Bergamo, è stata una delle città più colpite dal Covid. Come mai?
«Difficile dirlo. Io allora ero negli Usa, più concentrata sulla dimensione globale. Per esprimermi dovrei prima studiare bene la demografia di queste due città. Un fattore potrebbe essere la cattiva qualità dell’aria, che ha esposto le persone più anziane e fragili a forme più gravi dopo anni e anni di aria malsana. Sono poi entrambe province tutto sommato piccole, nelle quali però affluiscono per motivi di lavoro molte persone da ogni parte del mondo. Pensiamo, per esempio, all’aeroporto di Orio al Serio, dove passano ogni anno milioni di persone».

Oggi siamo più preparati, a livello globale, ad affrontare nuove possibili pandemie?
«Sicuramente sì, per il semplice motivo che ne abbiamo vissuta una solo cinque anni fa. Sappiamo quali sono i comportamenti individuali da adottare, come si trasmettono le infezioni eccetera. Io mi auguro che in futuro non si verifichino mai più pandemie, ma la storia purtroppo insegna altro. Noi, però, dobbiamo essere preparati: se lo siamo, i rischi per tutti sono molto più bassi. Se invece non lo siamo, focolai con potenziale epidemico possono diffondersi molto rapidamente. I virus d’altronde si comportano da virus. Una cosa però mi viene da dire: c’è una pericolosa amnesia collettiva che si sta sviluppando intorno al Covid. Le persone vogliono cancellare quel periodo, dimenticarlo. Questo però è pericoloso. Stiamo parlando di una pandemia che ha ucciso 7 milioni di persone a livello globale, forse anche di più. Bisogna imparare da quell’esperienza. Le strutture sanitarie devono essere più attrezzate, pronte a gestire un’eventuale nuova situazione emergenziale. Non possiamo permetterci di farci prendere alla sprovvista un’altra volta».

Uno degli argomenti che ha diviso più la popolazione è stato quello dei vaccini, strumento che alla fine si è rivelato essere uno dei modi per uscire definitivamente dalla pandemia.
«Credo che dietro ci sia una mancata fiducia nella scienza e nelle istituzioni. A me non ha stupito più di tanto, è un fenomeno che c’è sempre stato nella storia. Penso, per esempio, alla fine del ’700, quando Edward Jenner sviluppò il primo vaccino contro il vaiolo e fu aspramente criticato da una parte della popolazione. Con il Covid un ruolo l’hanno giocato poi i social, che hanno diffuso tante fake news».

Un tema a lei molto caro è quello di salute circolare, che rappresenta l’evoluzione di One Health. Cosa significa?
«Parliamo dell’impatto a livello globale e delle ricadute sociali che alcune malattie possono avere sulla vita di tutti i giorni. Dobbiamo partire dal presupposto che noi viviamo in un sistema chiuso: tutto quello che facciamo torna indietro, nel bene e nel male. Se inquiniamo, per esempio, i mari e l’aria che respiriamo, avremo in futuro problemi. E in questo sistema viviamo noi umani, ma anche animali, piante e altre forme di vita. La pandemia di Covid è nata proprio da un salto di specie animale-uomo. In un cucchiaio di terra vivono più di 8 miliardi di forme di vita. Quindi da come trattiamo la terra dipende un grandissimo equilibrio nell’intero sistema. E noi umani non la stiamo trattando bene. Stesso discorso per i mari: gli oceani sono pieni di microplastiche che poi noi mangiamo. Si stanno sciogliendo i ghiacciai per via del riscaldamento globale e che poi rischiano di sommergere alcune città. Stiamo distruggendo anche la biodiversità marina utile nell’assorbire CO2. Per non parlare poi dell’aria, che se inquinata, risulta essere molto pericolosa per l’uomo. E pensiamo infine all’alzarsi delle temperature. Ci sono effetti sull’agricoltura e quindi sul cibo, sulle persone stesse che non sono programmate per vivere a certe condizioni, così come gli animali. Oltretutto, gli insetti proliferano: si abituano a vivere a certe latitudini e possono essere portatori di malattie. Per questo dobbiamo agire in maniera sistematica per affrontare la salute in modalità circolare».

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