L'ANALISI
17 Aprile 2025 - 20:58
CREMONA - Messa crismale, la prima del Giovedì Santo, questa mattina in cattedrale, con gran parte del presbiterio diocesano nella navata centrale e quattro vescovi: accanto a monsignor Antonio Napolioni e all’emerito Dante Lafranconi, l'arcivescovo Eliseo Ariotti (già nunzio apostolico in Paraguay) e monsignor Carmelo Scampa, vescovo emerito di Sao Luis des Montes Belos in Brasile, di recente rientrati in Diocesi e salutati con particolare gratitudine da Napolioni.
Durante la celebrazione sono state rinnovate le promesse sacerdotali e sono stati benedetti gli oli santi (degli infermi, dei catecumeni e il sacro crisma), poi consegnati ai vicari zonali, che a loro volta li distribuiranno alle parrocchie per l’amministrazione dei sacramenti.
L’«Anno di grazia» proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazareth, come riportato nel Vangelo di Luca, è stato il filo conduttore dell'omelia del vescovo, declinato «nell’anno del Giubileo, nella grazia della Pasqua, all’indomani dell’assemblea sinodale, nel decimo anno di servizio alla diocesi come vescovo e nella scia, luminosa e potente dello Spirito di Dio», trasformatore «anche di questo mondo e non soggetto agli alti e bassi delle democrazie e delle democrature».
Rivolgendosi in particolare al clero, il presule ha ricordato, partendo dai gesti dell’ordinazione, che «la gente desidera preti che pregano e che, con il cuore rigenerato in unità di vita dall’amicizia con il Signore, sanno andare incontro agli altri, toccando con delicatezza i fratelli e le sorelle nei sacramenti di cui tutti abbiamo bisogno per assaporare la vita in abbondanza». «La gente – ha aggiunto – vuole bene ai sacerdoti, ci accetta così come siamo, purchè siamo preti e non tante altre cose».
Il vescovo ha rivolto un affettuoso augurio a quanti festeggiavano uno speciale anniversario dell’ordinazione presbiterale: 70 anni per don Oreste Mori (già cappellano al cimitero) e don Pasquale Viola, 50 anni per monsignor Ariotti, monsignor Amedeo Ferrari, don Sergio Galbignani, don Maurizio Germiniasi, don Giacomo Ghidoni, don Emilio Merisi, don Luigi Pietta e don Floriano Scolari; 25 anni per don Gabriele Battaini, don Antonio Loda Ghida, don Massimo Macalli, don Massimo Sanni, don Paolo Tonghini, don Riccardo Vespertini e don Umberto Zanaboni.
Ha poi ricordato «coloro che ci hanno lasciato» nel corso dell’ultimo anno: don Francesco Castellini, monsignor Achille Bonazzi, don Giovanni Maccalli, don Emilio Garattini, don Attilio Sarzi Sartori, don Mario Aldighieri. E non è mancato un pensiero per «i preti più soli e malati».
È tornato poi a citare, come aveva fatto nella domenica delle Palme, l’enciclica Dilexit nos di papa Francesco: «Il Cuore di Cristo ci libera da un dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti». «Ne risulta spesso un cristianesimo che ha dimenticato la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio», di cui è eloquente esempio il gesto della lavanda dei piedi compiuto da Gesù verso i suoi apostoli, rinnovato nel pomeriggio dal vescovo in Duomo durante la Messa 'In Coena Domini» che apre il Triduo pasquale.
Da qui è venuto anche un collegamento con la recente assemblea sinodale della Chiesa italiana, dove il vescovo è intervenuto guidando la delegazione cremonese, affermando, in quella sede, che «non possiamo capire la realtà ecclesiale parlandoci solo tra noi preti e vescovi», sono necessari anche i laici, gli uomini e le donne di cui «le Chiese in Italia ancora abbondano». Ciò anche per motivare l’insoddisfazione per la «genericità» del documento che era stato presentato (e che nei prossimi mesi sarà riscritto) rischiando di «trasformare il vino in acqua».
Un cenno infine agli «avvicendamenti» in Diocesi accolti con generosità «e che altri affronteranno con disponibilità nei prossimi mesi». Scelte con le quali monsignor Napolioni ha detto di voler testimoniare la propria fiducia nei confronti dei suoi preti, ringraziando in particolare «chi mi ha sopportato tanto e chi faticherà a sopportarmi nei prossimi anni», in una Chiesa locale però meno esitante perchè «già nella traiettoria del rinnovamento pastorale in comunione con il Papa».
Alle 18 il vescovo ha poi presieduto in duomo la messa nella Cena del Signore con il tradizionale gesto della lavanda dei piedi a dodici neocatecumeni. Al termine della messa il Santissimo Sacramento è stato portato nella Cappella della Riposizione, dove sono proseguite le preghiere di singoli e gruppi.
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