L'ANALISI
13 Aprile 2025 - 05:20
Due giovani coinvolti nel progetto di autonomia
CREMA - Cristian ha imparato a portare fuori i bidoni dell’immondizia, Damiano sa aiutare a mettere la tavola e a fare la spesa. Ilenia stira e aiuta in cucina, Francesca passa l’aspirapolvere, mentre Samuele stende il bucato. Le abilità acquisite dalle persone con disabilità che attuano il progetto di vita indipendente nella residenza Io Abito di viale Santa Maria, gestita da Anffas Crema, sono tali da poter dire che l’esperienza avviata tre anni fa è positiva e da portare avanti. E infatti, a seguire sono state aperte anche Casa Amica, nella zona di via IV Novembre e un terzo appartamento a Vaiano Cremasco. Nel primo vivono Alberto, Filippo e Vittorio, nel secondo Marco e Marino.
«Queste esperienze – spiega Daniela Martinenghi (nella foto), presidente di Anffas Aps – sono fondamentali per garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie un adeguato percorso di vita che garantisca l’inclusione e l’espressione delle specifiche attitudini e inclinazioni di ognuno, anche quando i genitori verranno a mancare. Nell’ambito della vita indipendente e del Dopo di noi, abbiamo dato vita al progetto Io Abito, ossia un luogo in cui, delle persone con disabilità e fragilità, imparano a dare forma a una vita indipendente, con l’aiuto degli educatori e del gruppo. La referente di questo progetto e degli altri due in atto è Barbara Bergamaschi».
Le dieci persone che ne usufruiscono hanno un’età tra 28 e 55 anni. Hanno lasciato tutte le loro famiglie, tranne una che in precedenza era in una comunità alloggio. «Ognuno partecipa alla vita domestica e ha i suoi compiti. Hanno imparato a collaborare con gli assistenti familiari e con gli educatori. Al pomeriggio escono e fanno le loro attività».
I tre progetti di vita indipendente si sostengono grazie a un fondo statale erogato dalla Regione, che è di 1.200 euro al mese per ciascun ospite, che a sua volta partecipa con una quota in base alle sue possibilità economiche. In certi casi si aggiungono i contributi dei Comuni.
«Il progetto – prosegue Martinenghi — si fonda sull’idea che, le persone con disabilità, hanno diritto a una qualita della vita come quella di tutti gli altri e quindi all’autodeterminazione, ossia a decidere dove e con chi andare a vivere».
La vera sfida è dare l’opportunità a persone sempre più giovani di lasciare la casa dei genitori, proprio come fanno i loro coetanei. I genitori sono preoccupati del destino dei loro figli con disabilità nel momento in cui le loro famiglie non ci saranno più. Nel caso delle tre esperienze in atto, le famiglie ci sono ancora e i figli hanno già una vita autonoma.
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