L'ANALISI
10 Aprile 2025 - 18:58
Il medico anestesista Mario Riccio
CASALMAGGIORE - «Non paiono ravvisabili negligenze diagnostiche, terapeutiche e/o assistenziali nell’operato del personale medico in servizio presso l’ospedale di Casalmaggiore» che ebbe in cura il paziente 93enne affetto da amiloidosi cardiaca, ricoverato il 23 gennaio del 2023, morto una settimana dopo. Il gip ha accolto la richiesta del pm e archiviato il procedimento per omicidio colposo a carico di quattro medici dell’Oglio Po, tra i quali Mario Riccio, l’ex primario di Anestesia e rianimazione che neppure era presente in quei giorni in ospedale. Archiviazione con una coda: il gip ha restituito gli atti al pm «per le valutazioni di competenza in ordine alla sussistenza del delitto di calunnia a carico dell’odierno querelante».
Ovvero a carico del figlio del 93enne, che nella voluminosa querela aveva sferrato un attacco violentissimo, in particolare contro Riccio, dirigente dell’associazione Luca Coscioni, l’anestesista bollato come «esperto internazionale in eutanasia», arrivando addirittura a scrivere, nero su bianco, che all’Oglio Po ci sarebbe stata una sorta di «pratica eutanasica» per uccidere i pazienti anziani deboli al fine di un tornaconto economico sia per i primari (15/20mila euro) sia per l’ospedale stesso, che per ogni paziente percepirebbe dallo Stato 51.919 euro di rimborsi per la ventilazione assistita protratta per più di 96 ore dall’emorragia provocata dallo strappo del catetere. Una «eutanasia a fini di lucro».
«Secondo il figlio, questi pazienti noi li portiamo al massimo della retribuzione regionale e poi li uccidiamo», aveva commentato Riccio il 30 gennaio scorso, giorno dell’udienza fissata per discutere l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal figlio del 93enne morto, come hanno stabilito i consulenti medico legali del pm, per «insufficienza cardiaca acuta, insorta su un quadro di scompenso cardiaco cronico avanzato secondario a cardiopatia infiltrativa da amiloidosi e sovrapposti disturbi del ritmo cardiaco (fibrillazione atriale)» in una persona anziana affetta anche da «iniziale decadimento cognitivo». Il 30 gennaio, l’accusatore non si era visto. E nemmeno un legale che lo rappresentasse.
«In sede di archiviazione, abbiamo chiesto al gip che valuti una trasmissione degli atti al pubblico ministero per la sussistenza del reato di calunnia nelle dichiarazioni rese in querela dall’opponente», aveva chiesto al gip (richiesta accolta) l’avvocato Paolo Antonini, con la collega Valeria Bini difensore di Riccio, che quando l’anziano paziente fu ricoverato, non era nemmeno in ospedale. Dal primo ottobre del 2022, l’anestesista godeva di un «congedo ordinario per smaltire le ferie residue prima del pensionamento. Dai tabulati e dai cartellini che abbiamo presentato, non risulto in servizio, ma in congedo ordinario». Riccio era rientrato l’1 febbraio del 2023.
«Riteniamo che ci siano tutti presupposti per accogliere la richiesta di archiviazione, perché l’opposizione è totalmente infondata, oltre che dai contenuti sicuramente discutibili», aveva sottolineato l’avvocato Diego Munafò, difensore di due medici. Aggiungendo: «Con il massimo rispetto che bisogna avere di fronte alla morte di una persona che è inevitabile, però non è neanche possibile strumentalizzare in questo modo la giustizia, perché in questo caso i medici hanno fatto tutto quanto dovevano fare per curare un paziente di 93 anni affetto da amiloidosi cardiaca, per il quale, purtroppo, la prognosi era infausta e in relazione al quale l’operato dei medici ha soltanto portato beneficio per quello che si poteva fare». L’avvocato Stefano Sarchi, difensore di un quarto medico, aveva commentato: «Noi non riscontriamo alcun elemento che possa provare una colpa medica come emerge dai dati documentali e dalle cartelle cliniche».
Nell’archiviare il procedimento «per infondatezza della notizia di reato», il gip ritiene «superflue le ulteriori indagini sollecitate da parte opponente (attraverso l’escussione a sommarie informazioni testimoniali di altri medici, infermieri ed oss in servizio presso il nosocomio, nonché di parenti di altri pazienti deceduti, in tempi e per cause diverse, presso il medesimo ospedale) in quanto inidonee a determinare modificazioni sostanziali dal quadro probatorio già acquisito, con restituzione degli atti al pubblico ministero anche per le valutazioni di competenza in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, del delitto di calunnia a carico dell’odierno querelante».
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