L'ANALISI
31 Marzo 2025 - 21:06
CREMONA - Pil lombardo al -0,3% nel 2025, che proseguirà precipitando a -0,6% nei due anni seguenti. Sono le proiezioni di Cna Lombardia, che annunciano con preoccupazione l’arrivo di un’ondata di recessione. È il risultato dell’ ‘effetto-Trump’, che produrrà un’erosione dell’export lombardo diretto verso gli Stati Uniti (tra i primi importatori della manifattura regionale). In questo sistema, Cremona non fa eccezione, e dovrà stringere i denti.
Fin dai primi giorni della nuova amministrazione americana, la Casa Bianca ha minacciato di affilare l'arma dei dazi contro i ‘parassiti’ europei, con prospettive tutt’altro che rosee per il Vecchio Continente. Il colpo della recessione, logicamente, si abbatterà anche su Italia e Lombardia, nonché sulla provincia di Cremona, con perdite per tutti i settori, dall’automotive all’agroalimentare.
«Nel 2024 – riporta Cna – l’export lombardo verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 13,72 miliardi di euro, registrando una diminuzione del 3,5% rispetto al 2023. A livello provinciale, Milano si conferma leader con il 46,4% del totale lombardo, seguita da Bergamo (13,8%), Brescia (11,5%), Monza e Brianza (8,2%) e Varese (6,3%)». Le previsioni della Cna sul futuro del commercio in Lombardia appaiono inquietanti: l’export americano costituisce il 29,9% del totale sul fronte bevande, il 15% su pelletteria, il 14,3% sui prodotti farmaceutici, il 12,5% sui mobili e il 10,9% in materia di abbigliamento.
Simile è lo scenario quando si passa ad esaminare il microcosmo cremonese, che vede negli Stati Uniti un partner commerciale importante. Secondo i dati Istat (provvisori) che ripercorrono i quattro trimestri del 2024, l’export cremonese diretto verso gli Stati Uniti è ben rappresentato, al di là delle oscillazioni.
Le esportazioni verso gli Usa si concentrano, in particolare, sul settore manifatturiero: nel 2024, la bilancia commerciale cremonese ha chiuso con un bilancio positivo, con 435 milioni di euro di export, a fronte di 60 milioni di importazioni. Secondo per entità è il settore minerario, con un export che vale 357mila euro. Seguono gli altri settori: trattamento rifiuti e risanamento (133mila euro), informazione e comunicazione (33mila euro), Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (9mila euro) e Agricoltura, silvicoltura e pesca (1.094).
Mettendo a sistema anche l’agroalimentare, poi, il quadro peggiora ulteriormente. Prodotti quali il Grana Padano (di cui Cremona è la terza provincia produttrice), che ha chiuso il 2024 con esportazioni pari al 52% della sua produzione (gran parte della quale diretta verso gli USA), rischiano di soffrire il contraccolpo della guerra commerciale promossa dalla Casa Bianca.
«Il mondo sembra si stia infilando in una tempesta perfetta - afferma Giovanni Bozzini, cremonese, presidente di Cna Lombardia -. La tensione reciproca sale e bisogna controllarla con estrema razionalità. Le imprese rischiano danni duraturi al proprio posizionamento competitivo. Per questo motivo il nostro territorio non deve perdere canali relazionali internazionali e una vocazione all’export che qualifica molta della nostra produzione».
L’inasprimento delle politiche commerciali statunitensi, secondo la Cna, potrebbe costringere molte imprese lombarde a rivedere le proprie strategie di internazionalizzazione, che negli ultimi anni sono state indicate come un ‘quid pluris’ su cui far leva. Da un lato, è probabile che alcune aziende procedano a diversificare i mercati di riferimento, in modo da ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti. Sul fronte opposto, però, c’è il rischio che il rallentamento delle esportazioni possa portare a una diminuzione della produzione e, di conseguenza, dell’occupazione in settori cruciali per l’economia regionale.
Cna Lombardia auspicherebbe un approccio razionale, nella speranza di un cambio di rotta: «Ci poniamo alcune domande – commenta Stefano Binda, segretario di Cna Lombardia –. La durezza di queste misure neo-protezionistiche troverà un momento di moderazione? Gli Stati Uniti hanno valutato appieno gli effetti di questa politica sul proprio Pil e sul proprio posizionamento globale? Non vogliamo che sulle nostre imprese si abbatta un nuovo tsunami economico, dopo quelli causati dalla pandemia di Covid e dalla guerra russo-ucraina».
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