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MAFIA: LA MEMORIA NELLE SCUOLE

Il testimone di giustizia: «Io ho denunciato»

Al Liceo Manin l’ex manager: vive sotto protezione e rischia la vita

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

22 Marzo 2025 - 10:48

Il testimone di giustizia: «Io ho denunciato»

Il testimone di giustizia intervenuto al Manin

CREMONA - «In una società che è ben lontana dall’aver sconfitto le mafie, in cui la cultura mafiosa è sempre più sdoganata, le storie scomode dei testimoni di giustizia ci parlano di chi ha deciso di non voltarsi dall’altra parte». La professoressa Giusy Rosato, referente per la legalità del liceo Manin e responsabile scuole dell’associazione Dioghenes Aps ha introdotto con queste parole l’ospite d’eccezione che ha incontrato studenti, autorità e professori nell’aula magna dell’istituto ieri mattina. In occasione della giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie la scuola ha ascoltato il racconto di denuncia di un testimone di giustizia, accompagnato dal giornalista Maurizio Caprino. «Io ero un manager lanciato, frequentavo i salotti ‘bene’ e mai mi sarei aspettato che la ditta per cui lavoravo fosse la lavanderia di denaro sporco che si è rivelata. Venuto a conoscenza del marcio ho denunciato e sono diventato un testimone». A differenza del collaboratore di giustizia, noto come pentito, il testimone non ha un trascorso criminale.

manin

Studenti professori e rappresentanti delle istituzioni ieri al Manin

«Non di meno rischio la vita, non torno al Sud da più di dieci anni, diverse persone hanno giurato vendetta nei miei confronti per gli arresti cui le mie testimonianze hanno portato». A differenza dei ‘pentiti’ il testimone non guadagna nulla dalla testimonianza, anzi «rimane solo, abbandonato anche dallo Stato – ha detto il testimone – La mia testimonianza non è frutto di atti di eroismo e non mi aspetto alcun trattamento di favore. È stata solo la dovuta conseguenza del fatto che da quello che avevo scoperto dipendevano vite umane. E per averne parlato ora ho perso tutto, non ricordo quasi il numero di volte che sono stato trasferito. Ogni volta in una nuova città, ogni volta con un’identità diversa, ogni volta costretto a ricominciare da zero. Denunciare è importante ma bisogna sapere a cosa si va incontro e soprattutto le istituzioni dovrebbero sostenere e proteggere chi fa solo il proprio dovere di cittadino onesto». Un atto non di eroismo ma di grande coraggio che ha portato a sventare possibili disastri, svelato infiltrazioni, sottratto miliardi di euro di appalti alle casse delle mafie, ha fatto licenziare manager che approfittavano di un sistema di collusione, paura e omertà.

Una testimonianza preziosa in un sistema criminale in evoluzione, trasformatosi per nascondersi come ha illustrato Caprino: «Non solo le organizzazioni criminali non sono ‘confinate’ al Sud, bensì sempre più simili a mafie globali, ma le modalità d’azione sono radicalmente cambiate». Che la mafia non spari più come un tempo, che lo scontro con lo Stato non sia più così frontale e muscolare come fino agli anni ‘90, non significa che l’attività criminale sia stata estirpata: «Oggi la collusione, le infiltrazioni, la connivenza di colletti bianchi sono pratiche diffuse che garantiscono introiti miliardari». Un messaggio rivolto anche ai nostri territori: «Il fatto che qui al Nord non si percepisca la presenza della mafia dovrebbe farci stare ancora più allerta: appalti pubblici, corruzione e favoreggiamento sono la quotidianità della Camorra (e di tante altre organizzazioni) da queste parti». Un sistema che, dall’imprenditoria privata alle opere pubbliche, riesce ad essere ben più pervasivo di come è nell’immaginario collettivo. «Per questo riguarda tutti: anche quando non c’è un diretto intervento della mafia vi potreste imbattere in ostacoli nel mondo lavorativo, raccomandazioni, omertà. Tutto quel che intralci la vostra possibilità di farvi una vita».


Denunce come quelle del testimone di giustizia, ma anche un’attività d’inchiesta come quella di Caprino, devono combattere prima di tutto le resistenze interne alle istituzioni: «Oggi non censurano, basta ‘sovrascrivere’ il tuo messaggio, relegarlo a fondo pagina, oscurarlo con le versioni di aziende più interessate a difendere la propria reputazione che a fare chiarezza sui propri legami con la mafia». Da qui il messaggio per i ragazzi, attenti e coinvolti nel racconto del testimone: «Dovete essere sentinelle del bene comune. Voltarsi dall’altra parte è più facile ma è una strada di non ritorno. La speranza per la nostra società malata è che vi influenziate a vicenda, che vi appassionate e che abbiate la forza di dedicarvi con diligenza e onestà al vostro mestiere».

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