L'ANALISI
17 Marzo 2025 - 05:25
CACCIATRICI DI MEMORIE: Susanna Grisoli, Lorenza Fallini, Andreina Persegani e Valeria Panevino
CREMONA - Erano a scuola insieme, il tempo poi le ha allontanate. «Ma ora ci siamo ritrovate». Riunite dalla forza delle radici comuni e da una missione speciale: tenere viva la memoria di San Savino. Un fazzoletto di terra, nulla più: ma è il loro. Lo fanno andando di casa in casa, o chiedendo ad amici, conoscenti e sconosciuti, vecchie fotografie della frazione alle porte della città. «Cerchiamo testimonianze di ricordi che altrimenti andrebbero perduti». Sono quattro, non più giovanissime ma agguerrite. E con le idee chiare: Andreina Persegani, Valeria Panevino, Susanna Grisoli e Lorenza Fallini.
«La mia famiglia è a San Savino da 300 anni, con me siamo alla sesta generazione», dice con orgoglio la prima. «Una ricerca in archivio attesta che i miei ascendenti erano qui dal 1700. Me ne sono andata ma ci torno anche perché ho i genitori sepolti in questo cimitero», le fa eco la seconda. «Ero bambina quando sono arrivata e ragazzina quando ho traslocato», spiega la terza. E l’ultima: «Io sono emiliana, ma mio suocero è nato in questa fetta di Cremona».
Una periferia che sembra essersi lasciata alle spalle la fase dello spopolamento e aprirsi a quella del rilancio demografico. Una periferia dove sorgono villette subito comprate da giovani coppie, ma che rischia l’oblio di un passato glorioso. Quello descritto da Andreina in un quadernetto che custodisce gelosamente: ‘San Savino — è il compito dell’allora bimba di 9 anni con le poche correzioni in rosso del suo maestro — ebbe la sua origine tanti secoli fa, però non si hanno notizie precise. Una volta faceva Comune. Sorgeva in mezzo a prati ondeggianti a primavera. La campagna, coltivata con amore dai contadini, è fertile e ben coltivata’. Pochi chilometri quadrati, ma c’era tutto: ‘La chiesa con il campanile, l’asilo, la scuola, il camposanto, l’oratorio, due negozi e anche una trattoria. Alcune persone sostengono che il nome del mio paese derivi da quello di un vescovo di Cremona’.
«Mi viene la pelle d’oca a leggere queste parole», sospira Lorenza. Tempi lontani e indimenticabili per chi li ha attraversati. «Ho cominciato un po’ io cercando e facendomi consegnare vecchie fotografie di San Savino — riprende Andreina —. Ho proposto a Lorenza di venirmi dietro, di darmi una mano, di non lasciarmi sola». E l’amica, che aiutando il figlio nella gestione di un esercizio pubblico ha maggiori possibilità di diffondere il messaggio, non si è fatta pregare: «Un cliente mi ha detto: ‘che bella cosa state mettendo in piedi’. Un altro: ‘continuate così’. Sto stimolando, stuzzicando le persone ad arricchire il nostro progetto».
Anche Susanna e Valeria hanno portato il loro contributo: una ha recuperato e messo a disposizione un’istantanea della mamma Tullia; l’altra di se stessa con il fratello Michele. E Andreina ha rintracciato chissà dove la foto di una coppia che da un carretto trainato da un cavallo vendeva grembiulini, salviette, saponi, magliette: «Era il nostro negozio ambulante». Lorenza ha rispolverato un ritaglio ingiallito del quotidiano La Provincia accompagnandolo con un nota bene: «Era il 1996. Una sperduta forneria partecipa al concorso per le vetrine di Natale e arriva al secondo posto. Anche una bottega di campagna si fa notare».
A quanto pare, il tam tam, partito da poche settimane, sta facendo proseliti. «La gente dà volentieri la documentazione», è il bilancio delle quattro donne. Una loro conoscente ha ceduto uno scatto ingiallito con il parroco, il sarto, il fabbro, il sagrestano e ‘tanti altri senza identità’ — è la didascalia —. Aiutateci a scoprirla’. Ha invece un nome un personaggio che è stato aggiunto agli altri volti immortalati : ‘Giulio Molinari, nipote dell’allora titolare dell’omonima trattoria, preparato e gentilissimo vigile, valente maestro di chitarra. Dagli anni Settanta per un buon periodo è stato residente a San Savino’. Dove ha vissuto anche Pierangelo Ongari, consigliere comunale dal 1990 al 1995. Anche lui ha aderito all’operazione memoria, inviando la riproduzione di una vecchia rimpatriada dei compaesani, iniziativa sospesa per il Covid ma che spera di organizzare nel 2025.
«Mi sono trasferito da tempo in città, ma ogni tanto faccio tappa a San Savino e al suo camposanto perché non abbandono gli amici neanche da morti». Per Ongari il borgo non è solo una frazione di Cremona, «ma una comunità viva. È stato una vera fucina di talenti del ciclismo come Eliseo Comellini, i due fratelli Pedretti e Pierluigi Priori. Tutte le domeniche la bacheca dell’osteria, ritrovo di un’ordinata ma focosa tifoseria, esponeva il nome di un vincitore, che spesso erano più di uno».
Tra loro lo stesso Ongari, figlio di contadini, che però ha dovuto scendere dalla sella perché il lavoro non gli consentiva di allenarsi: «Per non parlare delle bocce e di un fuoriclasse del calibro di Roberto Dilda. Anche il calcio ha esaltato le qualità di qualche ragazzo». Quei ragazzi sono cresciuti, hanno i capelli bianchi: qualcuno c’è, altri se ne sono andati. E i giovani di oggi? Sono interessati al passato che, come capita spesso, viene ricordato migliore di quello che era in realtà? «Non molto», per Valeria. Andreina è più ottimista: «Alcuni apprezzano quello che stiamo facendo».
Le pagine di questo album delle radici confluiscono sul profilo Facebook del Gruppo San Savino, scaturito da un appello per la ricerca di un gatto bianco smarrito in zona ma che ora si è trasformato in una bacheca aggiornata di continuo della nostalgia. Per la gioia di Andreina: «Gli iscritti al Gruppo sono più degli abitanti». E le riflessioni di Lorenza: «I social usati per queste cose sono belli». Il quartetto, dopo essersi suddiviso i compiti, si scioglie: Lorenza torna dietro al banco; Susanna e Valeria riprendono la strada per Cremona e Vescovato; Andreina, che invece è rimasta dov’è nata, si recherà al cimitero per pulire le tombe abbandonate. Un altro piccolo miracolo a San Savino.
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