L'ANALISI
16 Marzo 2025 - 18:33
CREMONA - C’è un quinto indagato nell’inchiesta sul brutale pestaggio di Filippo ‘Digiu’, il barman 36enne de La Ciocco, massacrato a calci e pugni, ferito gravemente al volto e agli occhio con un bicchiere, la notte di ferocia - senza un perché - del 23 febbraio scorso. Del ‘branco’ faceva parte un 17enne, casa a Cremona: è indagato a piede libero a differenza dei tre coetanei (due abitano in un paese, il terzo in città) da sabato nel carcere minorile Beccaria, e del 19enne portato a Ca’ del Ferro (anche lui abita in un paese).
L’ipotesi di accusa per i cinque, in concorso, è di lesioni personali. Quella notte di pura violenza, il barman lo hanno ridotto così: nell’occhio destro (che si è salvato) si sono conficcate delle schegge, il bulbo dell’occhio sinistro gliel’hanno perforato «con perdita della funzione visiva ed estetica», e «con conseguente deformazione/sfregio permanente del viso e l’indebolimento permanente del senso della vista». E ci sono le quattro aggravanti contestate: i futili motivi, l’aver commesso il fatto in cinque persone, l’averlo commesso con armi e da più persone riunite, e l’aggravante di aver cagionato al barman «una malattia e comunque una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni» e «dell’aver prodotto l’indebolimento permanente della vista». Il barista sta proseguendo le cure a casa. L'occhio destro è salvo. Per il sinistro, la stabilizzazione del quadro oftalmogico è da attendersi nell'arco di un anno, secondo la relazione sanitaria.
La notte brutale davanti al La Ciocco, sotto la Galleria XXV Aprile, in piazza Roma, è ricostruita nelle carte dell’indagine dei carabinieri attraverso le testimonianze raccolte dai clienti del pub. E dall’analisi dei filmati delle telecamere di videosorveglianza pubbliche e private del centro storico. Intorno alle 3 di notte, i cinque si spostano dal Lord Life Lounge, il locale in piazza della Pace, civico 18, e si incamminano in via Verdi. Raggiungono piazza Stradivari. Qui, una telecamera inquadra il 17enne (è quello che abita in città) con una bottiglia in mano e il 19enne con un bicchiere da cocktail. I cinque fanno una breve sosta, poi si dirigono verso piazza Roma.
Il gruppo forza la porta automatica ed entra nello sportello bancomat dell’Unicredit. Passano pochi minuti, quindi il branco va verso La Ciocco. All’esterno del pub ci sono gli ultimi clienti della serata. Il locale sta per chiudere. Uno del branco provoca un cliente. Gli chiede una sigaretta, lo insulta e - senza motivo - gli lancia addosso la birra. Il violento calza un cappuccio. C’è tensione. Dal pub esce il barman. «Stiamo chiudendo, andatevene».
Si prende il bicchiere in testa, poi la bottiglia: gliela scaglia un altro del branco. I violenti gli scaricano addosso pugni e calci anche quando lui è a terra. Gli massacrano il volto. E mentre lo aggrediscono, uno della gang gli urla: «Figlio di p..., ti ammazzo». Il quinto indagato a piede libero è lì (anche nel caso di una sua partecipazione passiva, sarebbe concorso morale). Il barista viene messo in salvo da un collega. Il branco fugge, ritorna verso piazza Stradivari. L’azione è rapida. Il cliente provocato rimane «pietrificato da quanto accaduto».
Davanti a La Ciocco arrivano l’ambulanza e i carabinieri. Il barman viene soccorso e portato in ospedale. Scatta l’indagine. Vengono sentiti i clienti del pub, dai quali gli investigatori raccolgono la descrizione dei violenti: altezza, corporatura, carnagione, i vestiti indossati. I testimoni riferiscono particolari utili sugli abiti. C’è chi indossa «jeans slavati», chi «un bomber di colore beige con disegni colorati» e chi «un giubbotto catarifrangente».
Le descrizioni combaciano con gli aggressori immortalati dalle telecamere pubbliche e private quando da piazza della Pace si spostano in piazza Roma. L’orario è compatibile. I carabinieri preparano un fascicolo fotografico dei sospettati: i testimoni li riconoscono. Venti giorni di indagine, il cerchio si chiude. Nel lavoro coordinato tra le due Procure, quella per i minori di Brescia e quella di Cremona, diretta dal procuratore Silvio Bonfigli, i gip di dei due Tribunali emettono le ordinanze di custodia cautelare per quattro della gang. All’alba di sabato, gli arresti.
«I miei assistiti mi hanno dato una ricostruzione dei fatti molto diversa da quella narrata nel capo di imputazione». Sabato mattina, al Comando provinciale dei carabinieri dove li avevano portati dopo l’arresto e prima di accompagnarli al carcere minorile Beccaria di Milano, l’avvocato Luigi Lupinacci ha potuto scambiare qualche parola con i sue assistiti: i due 17enni residenti in un paese, accusati, in concorso con due coetanei e con un 19enne, del pestaggio al barman.
«Non ho ancora avuto la possibilità di parlare con loro compiutamente - ha precisato il legale -. Dal personale del Beccaria mi hanno fatto sapere che verosimilmente lunedì avrò modo di parlare con loro, non so se in presenza o in videoconferenza. Ma solo dopo l’interrogatorio di garanzia, avrò la possibilità di fare copia degli atti contenuti nel fascicolo del pm e solo allora mi confronterò con i miei assistiti». Gli interrogatori di garanzia dei quattro giovani finiti in carcere si terranno probabilmente martedì.
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