L'ANALISI
16 Marzo 2025 - 15:46
Sergio Ravelli, Gino Ruggeri, Michel Marchi e Luigi Lipara promuovono la raccolta firme
CREMONA - Fuoco ‘amico’, si direbbe: perché con Gino Ruggeri e Sergio Ravelli, Radicali, si schierano in prima linea il sindaco di Gerre de’ Caprioli, Michel Marchi, e Luigi Lipara, ex consigliere comunale dem. Rieccola, la fronda interna ambientalista: per mesi sulle barricate sul fronte dell’impianto a biometano, poi via via scivolato nel terreno meno insidioso del disgelo, ora si riposizionano nella trincea della Tamoil. L’utilizzo dei fondi del risarcimento, il nuovo spigolo della battaglia: citano norme, accordi, la Cassazione.
E domandano che quei fondi, «risorse provenienti dalla provvisionale risarcitoria del processo e del giudizio civile, vincolati», non vengano usati per riqualificare piazza Roma ma, invece, «come determinato dalla giunta nella seduta del 20 febbraio 2019», destinati «ad interventi in campo ambientale a favore della collettività». La puntualizzazione, sempre ricordando l’orientamento allora definito dalla giunta: «Mediante l’istituzione di una apposita commissione di valutazione delle proposte e degli interventi progettuali».
Ed è come una chiamata alle armi, perché lanciano una petizione popolare: «Abbiamo bisogno di tutti voi», si rivolgono alla città e al territorio. Chiedono firme e hanno già fissato il primo presidio di raccolta: sabato dalle 9 alle 12 davanti a Spazio Comune. Lì ci saranno i moduli prestampati per la sottoscrizione. In calce, l’obiettivo: «Confermare il vincolo di destinazione dei 2,4 milioni di euro introitati dal Comune tenendo conto del valore simbolico, civico e politico che il risarcimento rappresenta, destinandoli alla realizzazione di progetti ambiziosi e innovativi in ambito ambientale, capaci di qualificare in modo significativo e permanente la nostra città e le aree interessate da fonti di inquinamento, evitando che vengano disperse in interventi di mera manutenzione e riqualificazione dell’esistente».
Seconda istanza: «Impegnarsi attivamente affinché non vengano interrotte le attività di monitoraggio su suolo, sottosuolo e acque, per accertare le concentrazioni di idrocarburi e altri inquinanti e il relativo grado di rischio per la salute e l’ambiente». Terzo: «Condividere nella massima trasparenza con la cittadinanza e con tutti i portatori di interesse ogni successivo passaggio e progetto che comporti l’impiego delle risorse vincolate mediante il ricorso a strumenti partecipativi».
Morale: le delucidazioni del sindaco Andrea Virgilio e le garanzie ulteriori fornite dal presidente del consiglio comunale, Luciano Pizzetti, non sono bastate. Il ‘nemico’ interno, evidentemente, non si fida. «È montato un senso di disagio in relazione alla prospettiva di un uso inadeguato delle risorse derivanti dai risarcimenti Tamoil, esito di una battaglia di alto profilo civico — entrano nel merito i quattro proponenti della petizione —. E per questo abbiamo avvertito subito l’urgenza di approfondire e provare a fare qualcosa per scongiurare un errore clamoroso, elaborando un testo che contenesse anche elementi propositivi e che potesse raccogliere il senso di quel sentimento che l’amministrazione comunale dà l’impressione di non aver colto».
Pare anche politica, però la mobilitazione. Almeno, così lascia intendere la stilettata chiaramente rivolta a Pizzetti, seppure mai citato: «Mentre da palazzo fischiavano parole di piombo, tese a definire unilateralmente i concetti di bene comune e riqualificazione ambientale, ci siamo fatti interpreti di una visione diversa, ugualmente legittima e profondamente pragmatica, assolutamente trasversale, senza alcuna bandiera di partito ma con l’unica, salda, motivazione di non disperdere insieme a quei soldi i valori che ogni singolo centesimo di quelle somme rappresenta: il valore del coraggio di chi si è costituito personalmente in giudizio contro un colosso del petrolio; il valore di chi ancora oggi conduce battaglie legali difficilissime (si pensi alle cause intentate dalle società canottieri); il valore di chi non si rassegna all’abbandono della prospettiva di bonifica da parte dei responsabili dell’inquinamento, tuttora presente sotto un tappeto di impianti attivi; la dignità di una città che chiede giustizia». Brucia ancora, la fiamma della raffineria. Spenta.
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