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Aggressione in carcere, Radicali: «Vicini all'agente ma distanti da Ventura»

L'associazione condanna la posizione del consigliere di FdI: «Visione repressiva»

La Provincia Redazione

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06 Marzo 2025 - 12:56

Aggressione in carcere, Radicali: «Vicini all'agente ma distanti da Ventura»

CREMONA - L’aggressione a un agente di polizia penitenziaria in servizio al carcere di Ca' del Ferro da parte di un detenuto ha scatenato le reazioni della politica e dei sindacati. I primi a intervenire, oltre al Sappe, sono stati i consiglieri regionali Marcello Ventura e Matteo Piloni. Oggi, l'Associazione Radicale Fabiano Antoniani rende nota la sua posizione sulla vicenda, in particolare a seguito delle dichiarazioni del consigliere di FdI.

«Ci teniamo a manifestare solidarietà all’agente aggredito - scrivono in una nota a firma di Nancy Pederzani, Vittoria Loffi e Vittorio Mascarini -, oltre che complessivamente al Personale di Polizia Penitenziaria di stanza presso la Casa Circondariale, con cui ci confrontiamo ad ogni nostra visita ispettiva. Non possiamo, però, non prendere le distanze e condannare le parole del Consigliere Regionale di Fratelli d’Italia Marcello Ventura, che auspica l'adozione di “strumenti adeguati alla gestione di detenuti violenti” oltre che l’isolamento in strutture terze».

«Ci teniamo a ricordare al Consigliere che il compito primario e costituzionale dello Stato - e a cui non assolve ormai da tempo - è quello della rieducazione e risocializzazione del reo - proseguono -. Attività impossibili quando le voci di spesa destinate al personale e al trattamento sono sempre esigue. Ricordiamo infatti, al Consigliere Ventura, che in ottobre, è stato firmatario di un Odg in Regione Lombardia che impegna la giunta regionale a sollecitare il governo a stanziare più risorse sulle strutture e sul personale. A questo impegno, non è ancora stata data risposta».

«E ricordiamo inoltre - sottolineano -, che proprio tra le premesse dell’Odg si menzionava l’importanza dell’Art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in quanto proibisce ogni forma di tortura, trattamento o pena disumana o degradante in special modo per coloro che sono privati della libertà e soggetti a una autorità - definizione che non sembra sposarsi bene con le aspirazioni unicamente punitive di oggi. In un contesto politico sempre più pronto ad interpretare il carcere come luogo di abbandono, com’è possibile agire - anche a fronte di una continua carenza di personale, tanto penitenziario, quanto educativo - affinché si allontani il detenuto dalla violenza?

«Quello che succede nella Casa Circondariale di Cremona è esemplificativo di una situazione critica che caratterizza le carceri di tutto il paese e che vede tanto detenuti, quanto Polizia Penitenziaria protagonisti di richieste di una riflessione vera, profonda e urgente sul carcere. Riflessione che manca al di là delle aspirazioni puramente punitive» concludono.

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