L'ANALISI
05 Marzo 2025 - 17:07
CREMONA - Le botte e due coltellate, una alla gamba, l’altra al polso. La clavicola e le costole fratturate. La testa presa e infilata nel forno. I litigi continui, gli insulti e le minacce. Sette anni di inferno, dal 2017.
«È un caso di maltrattamenti molto grave», lo ha definito il pm, che aveva chiesto 5 anni per l’ex convivente della vittima, lui 40 anni, lei 53. Il giudice lo ha condannato a 4 anni e 6 mesi e a risarcire con 5mila euro (una provvisionale) la donna, parte civile con l’avvocato Vittorio Patrini. Una donna tuttora terrorizzata. «La signora aveva e ha paura. Posso confermarlo io stesso, perché più volte mi ha confessato il suo terrore. ‘Avvocato, se dovesse uscire dal carcere, temo per la mia vita’». L’imputato è in carcere dall’aprile del 2024.
La sentenza è arrivata dopo la difesa dell’uomo, che ha respinto le accuse a una donna così spaventata da raccontare in aula il suo inferno dietro il paravento. «Qui (in aula, ndr) ho visto un’altra persona», ha detto l’imputato, difeso dall’avvocato Raffaella Parisi. L’uomo ha negato. Ha descritto un contesto di violenze reciproche. «Si litigava per motivi di gelosia. Le discussioni erano reciproche, spesso lei mi metteva le mani addosso, in faccia, cercava di cavarmi gli occhi». E ancora, «non le ho mai messo la testa nel forno, non l’ho mai presa a pugni»; «Quel giorno lì lei era fuori di testa, lei è andata a sbattere contro la colonna del portico»; «C’è stata una volta che lei mi ha detto di uscire di casa, però poi mi veniva a cercare»; «Tante volte mi aggrediva lei, io la spingevo e me ne andavo»; Sì, le ho detto ‘t..., put...’, ma perché lei mi diceva che io ero un uomo di m..., che non valevo un c...»; «Sì, le ho sputato nel piatto e le ho detto ‘Ora mangia’, perché lei mi aveva sputato addosso». E ancora: «Cucinavo sempre io, lei non ha mai cucinato, lavoravo solo io. Mi sono trovato i vestiti bruciati e strappati’.
Agli atti del processo, c’è il carteggio medico. Ad esempio, i 40 giorni di prognosi in seguito alla «frattura della clavicola da percosse». Oppure, i 21 giorni di prognosi per le coste rotte. Referti e fotografie di lei con i segni dei pugni. «Immagini che fanno anche una certa impressione», ha sottolineato l’avvocato Patrini, il quale è tornato sulle testimonianze. A cominciare da quella resa al processo dalla madre della vittima: «Ha confermato che la figlia era disperata, era devastata da questa situazione. Più volte l’ha accompagnata al Pronto soccorso».
«Siamo in una situazione di una parola contro l’altra senza testimoni oculari — ha ribattuto l’avvocato Parisi —. Certamente, è una situazione di vita difficile. Sono persone che fanno uso di alcol e droga. Le discussioni erano reciproche, alterchi, diverbi» E di «mani addosso, più lei a lui, che lui a lei. «Il mio assistito l’aveva denunciata, ma poi aveva ritirato la querela». L’ex convivente «non è stata lineare, ha infarcito la sua testimonianza di ‘non ricordo’, almeno dieci volte ha detto ‘non ricordo’. Nelle sue parole c’era livore. Non è stato provato che abbia modificato le sue abitudini di vita: se avesse avuto paura, non andava a cercarlo». Infine, «anche i vicini di casa hanno parlato di ‘reciproche discussioni’. Un vicino ha testimoniato di aver visto il mio assistito ‘anche lui ben conciato’».
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