L'ANALISI
05 Marzo 2025 - 11:40
Fernando e Federica Milan del Colorificio Bergamaschi
CREMONA - «Il colorificio è nato nel 1885, ma non sono così vecchio», ironizza Fernando Milan, 83 anni, insieme alla figlia Federica presenza fissa dietro il bancone del Colorificio Bergamaschi, in corso Garibaldi. «Mio zio comprò il colorificio l’1 marzo 1957 da Ferruccio Bergamaschi, allora il negozio era vicino a San Luca — racconta Fernando —. Tutto è nato dalla mia passione per i colori, passione che ho coltivato fin da bambino. Al termine della scuola elementare andavo a porta Po, allora c’era un colorificio, e aiutavo in bottega, mettevo le mani nei colori, mi piaceva ‘paciugare’ e crearne sempre nuovi. Poi da cosa è nata cosa. Alle superiori ho frequentato l’Ala Ponzone, l’indirizzo falegnameria. A diciotto anni sono entrato in negozio e da sessantotto anni sono qui. Ora l’obiettivo è festeggiare il settantesimo di attività».
Ha visto cambiare il mondo con lo spettro dei colori dell’iride, il signor Bergamaschi, che in corso Garibaldi tutti conoscono e salutano. Mostrando una foto degli anni Cinquanta con la moglie dice: «I colori si facevano sul momento, c’erano le pese dove calibrare la quantità di materiali e si procedeva poi a diluirli a seconda dei casi e delle necessità — racconta -. All’inizio eravamo una sorta di drogheria. C’erano delle grandi casse con le polveri per i colori. I bambini, quando entravano, mettevano le mani, istintivamente, nel rosso e partivano sberloni dalle mamme, perché poi si macchiavano tutti. Io ho sempre amato le tonalità dell’azzurro. Avevo una bicicletta, quando facevo il garzone a porta Po, e mi divertivo a colorarla ogni due o tre settimane sempre con nuove tonalità».
Viaggia, viaggia con i ricordi il ‘signor Bergamaschi’ così lo chiamano alcuni legando il nome del negozio al suo proprietario. «Mio padre non si limita a comporre colori, ancora oggi riesce a fare il colore identico al pezzetto di muro o intonaco che i clienti gli mostrano — racconta Federica —. Ha un dono tutto suo. Ma da sempre avere un colorificio era un po’ come avere una farmacia, i prodotti si facevano sul momento. In alcuni casi li si inventavano».
E aggiunge il signor Fernando: «È il caso del Casabella, il rosso per pavimenti in mattoni — racconta —. Me lo sono inventato io ed era un prodotto liquido che permetteva di passare i pavimenti in cotto, mantenerne il colore e renderli lucidi. Ne vendevo una media di 40-50mila bottiglie l’anno. Mi ricordo che caricavo la macchina di casse e con Federica si andava a distribuirle». Aggiunge la figlia: «Il mio compito era mettere le etichette sulle bottiglie».
Come è cambiato il mondo, così è cambiato quello dei colori: «Oggi fanno tutto le macchine, o quasi — raccontano padre e figlia andando in magazzino —. Attraverso il computer diamo il codice della tinta che vogliamo e attraverso una scala cromatica si procede a mettere le essenze in una base di tintura neutra. Poi basta mescolare e il prodotto è pronto». Il signor Fernando sorride e guarda la macchina: «Una gran bella invenzione, non c’è dubbio. Un tempo avevamo anche quella per le cromature delle macchine, ma erano altri tempi», conclude raggiungendo il bancone, il suo punto di osservazione di un mondo tutto a colori.
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