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IL FRONTE DELLA SICUREZZA

Strategie condivise: l’idea ‘street tutor’

Come garantire legalità nelle città: l’analisi di Giannelli, Pintus e Nobili. I sindaci spesso ritenuti responsabili, ma non è così: conta il sistema. Dalle telecamere al controllo di vicinato, i benefici della rigenerazione

Claudio Barcellari

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redazione@laprovinciacr.it

26 Febbraio 2025 - 08:27

Strategie condivise: l’idea ‘street tutor’

Il prefetto Antonio Giannelli, il giornalista Giacomo Gugliemone, Giacomo Pintus e Gian Guido Nobili

CREMONA -  Una pattuglia in più? Buona per una soluzione straordinaria. Ma il sistema-sicurezza, per essere efficace, va costruito nell’ordinario, dispiegando tutte le risorse a disposizione, a partire dalla condivisione. È il messaggio del dibattito che si è svolto ieri in Prefettura, fortemente voluto dal prefetto Antonio Giannelli, che ha avuto come ospiti autorevoli Giacomo Pintus, Capo di Gabinetto della Prefettura di Monza-Brianza, e Gian Guido Nobili, dirigente Area Politiche per la Sicurezza urbana e integrata della Regione Emilia-Romagna. La moderazione è stata affidata a Giacomo Guglielmone, giornalista del quotidiano La Provincia di Cremona e Crema.

«L’incontro è di assoluto prestigio – introduce Guglielmone – perché apre al confronto con chi si occupa della teoria trasformandola autorevolmente in pratica».

Seguono i saluti del prefetto Giannelli, che ringrazia i sindaci collegati in videoconferenza e i rappresentanti delle istituzioni locali presenti in aula: «I sindaci si confrontano quotidianamente con problemi diversificati – spiega – e spesso si tratta di decidere come intervenire sulla sicurezza. Siamo qui ad illustrare una complessità di strumenti utili». E prosegue: «Oggi, come sanno i tecnici, le auto della polizia perlustrano la città sulla base di un piano di controllo del territorio, con obiettivi sistematici. Aprendo la rete, questi obiettivi possono essere integrati. Facciamo sicurezza condivisa, ipotizzando strategie che coinvolgano la collettività».

Pintus prende la parola per costruire un ragionamento di metodo. «Quello della sicurezza è un intero sistema – esordisce – e deve tenere conto anche della sicurezza percepita. Assistiamo ad un aumento della domanda dei cittadini nei confronti delle istituzioni competenti sulla sicurezza. La domanda viene spesso diretta ai sindaci; le prefetture e le forze di polizia non si sono mai tirati indietro nel dare sostegno alle amministrazioni locali. Ma gli strumenti con cui rispondere a episodi come quello recente non sono sempre esclusivamente nella mani dell’amministrazione locale».

Da qui, la necessità di passare ad un livello più alto, costruendo un modello di sicurezza integrata.

«Una reale risposta alla domanda – spiega Pintus – non passa solo dal controllo delle pattuglie. Partendo da questa presa d’atto, serve un gioco di squadra che preveda l’adozione di azioni combinate in una rete condivisa».

La rassegna degli esempi: «Installazione e miglioramento delle videocamere di sorveglianza in primo luogo – illustra Pintus –, poi la ricognizione degli spazi. Con una regia centrale è possibile governare le scelte dei privati per individuare i punti migliori su cui concentrarsi». Anche il decoro urbano fa sistema con i metodi ‘classici’: «Dove c’è ammaloramento, il cittadino vede un difetto di attenzione da parte di chi amministra la sicurezza».

Per chiudere, la regolamentazione dell’uso degli spazi: «Orari di apertura degli esercizi pubblici regolati in funzione delle situazioni critiche – chiude Pintus –, Daspo e allontanamento; infine, il tema del controllo di vicinato, che coinvolge direttamente i privati».

Nobili punterebbe sul coinvolgimento dei privati, con qualche cautela. «È possibile realizzarlo in tre forme – spiega Nobili – tutte finalizzate alla prevenzione, nessuna delle quali può essere considerata una forma di ‘vigilandismo’. La prima è quella dei privati a titolo oneroso; la seconda è costituita dal volontariato per la sicurezza. A queste aggiungo una terza forma: gli street tutor». Si tratta, come spiega Nobili, di «una forma di vigilanza stradale garantita da professionisti. A Bologna è avvenuta la prima sperimentazione, che ha sorpreso per l’efficacia in termini di sicurezza percepita». Secondo Nobili, la documentazione tecnica dimostra che una città sicura è una città ben pianificata: «Un piano di rigenerazione urbana, purché organizzato razionalmente, è la chiave per affrontare le criticità del tessuto urbano in termini di sicurezza. La mancanza di pianificazione è il minimo comun denominatore delle situazioni risaputamente più fragili: Corviale, Scampia. Ma senza allontanarsi troppo, le stazioni ferroviarie».

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Commenti all'articolo

  • rugginesana

    26 Febbraio 2025 - 09:37

    Basta far fare alle forze dell'ordine il loro lavoro , con certe persone serve la forza non il dialogo ....

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