L'ANALISI
25 Febbraio 2025 - 13:29
Il carcere di Ca' del Ferro a Cremona
CREMONA - «È il tredicesimo suicidio in un istituto carcerario dall’inizio dell’anno: significa la scelta di rinunciare alla vita di una persona ogni quattro giorni, un numero drammatico che ci colpisce profondamente e che non può passare sotto silenzio». Lo comunica l'Associazione Radicali di Cremona in una nota a firma della presidente Nancy Pederzani, della segretaria Vittoria Loffi e del tesoriere Vittorio Mascarini.
«Il carcere non può diventare un luogo di abbandono, dove le persone si limitano a contare i giorni che passano - proseguono -. Deve essere, invece, uno spazio di riscatto e reinserimento, capace di offrire una nuova prospettiva di vita nel rispetto della legalità. Come Associazione Radicale Fabiano Antoniani, monitoriamo da anni la situazione carceraria, con visite periodiche come da tradizione radicale (l’ultima è stata alla vigilia di Natale). Lo facciamo con un approccio propositivo, dialogando non solo con la direttrice, la dottoressa Padula, ma anche direttamente con i detenuti, per comprendere le condizioni reali all’interno della struttura».
«La realtà che emerge è allarmante: sovraffollamento cronico, con 551 detenuti a fronte di soli 394 posti disponibili, e una ancora più critica carenza di personale penitenziario, che si ritrova a operare in condizioni gravose capaci di impattare anche sulla loro salute mentale. Dati che trovano conferma anche nelle parole del segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, che descrive un sistema carcere incapace di garantire condizioni di vita dignitose».
«Ma il problema non è solo logistico - continuano -: la salute mentale dei detenuti solleva questioni urgenti che richiedono attenzione. Molti di loro soffrono di disturbi psicologici e dipendenze da sostanze stupefacenti e alcol, aggravati dall’isolamento, dalla difficoltà che spesso riscontrano ad accedere a percorsi di riabilitazione e dal totale abbandono istituzionale. Per chi vive in queste condizioni, il carcere si trasforma in una condanna senza appello, dove il suicidio può apparire, tragicamente, l’unica via d’uscita».
«Questa non è solo una questione di diritti umani, ma una sconfitta per lo Stato di Diritto. Continuare ad ignorare questa emergenza significa accettare un sistema fallimentare. È urgente un cambio di rotta: servono misure concrete per ridurre il sovraffollamento, garantire supporto psicologico e investire in percorsi di reinserimento. Non possiamo più voltare lo sguardo altrove. È tempo di agire» concludono.
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