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Immigrati, lo Ius scholae per la cittadinanza civica

In commissione la proposta Viola: «È simbolica». Ceraso: «A giugno il referendum ‘vero’»

Claudio Barcellari

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18 Febbraio 2025 - 09:47

Immigrati, lo Ius scholae per la cittadinanza civica

Il tavolo in saletta Mario Coppetti con i consiglieri che compongono le commissioni Cultura e Cittadinanza e Coesione sociale e Sicurezza in seduta comune

CREMONA - Essere cittadini honoris causa con uno Ius scholae cremonese, ma dal valore esclusivamente simbolico. La proposta lanciata dalla consigliera Rosita Viola (Sinistra per Cremona – Energia Civile) riguarda i figli di immigrati che hanno studiato per un certo lasso di tempo in Italia, e che non dispongono della cittadinanza ai sensi della legge del ‘92. Esposta in Consiglio comunale il 2 ottobre e rinviata in commissione, la proposta è stata discussa ieri dalle commissioni Cultura e Coesione sociale e Sicurezza, in seduta comune. Ora tornerà in Consiglio con le modifiche apportate ieri.

Le novità rilanciate da Viola rispetto alla precedente mozione: si parlerà di ‘cittadinanza civica’ anziché di ‘cittadinanza onoraria’, e per ottenerla serviranno 10 anni di istruzione sul territorio, non cinque. «La ‘cittadinanza civica’ non avrà una connotazione giuridica — chiarisce subito Viola —, ma semplicemente simbolica. Abbiamo preferito questa formulazione a quella di ‘cittadinanza onoraria’, che dà adito ad alcune ambiguità».

E non sarebbe conforme al regolamento: la cittadinanza onoraria (di valore ugualmente simbolico) è destinata di diritto ai cittadini meritevoli, e può essere attribuita al massimo 5 volte all’anno. Il che mal si concilierebbe con il progetto della ‘cittadinanza civica’, che nasce per avere un impatto su scala maggiore. Forza Italia, che da tempo parla di ius scholae, però inarca le sopracciglia. «Siamo favorevoli ad aprire questo dibattito, ma non è questa la sede — spiega Andrea Carassai — perché se ne deve discutere in Parlamento. In riferimento alla mozione, ribadisco che 5 anni di studio nel nostro Paese sarebbero troppo pochi».

Marialuisa D’Ambrosio

Favorevole, invece, il parere della maggioranza. «Parliamo di persone nate e cresciute in Italia — sottolinea Ilaria Cavalli (Pd) — cittadine di fatto ma non di diritto. Il conferimento di questa attestazione è un impegno concreto del Comune, anche simbolico». «Apprezzo la dicitura ‘cittadinanza civica’ — plaude Claudio Ardigò (Pd) — come traguardo di civiltà. Mi piace anche la parola ‘simbolo’, che per me non è molto diversa dal termine ‘metafora’. ‘Metafora’, in ebraico antico, significa anche ‘speranza’. E io la vedo, la speranza». Perplessa, invece, Maria Vittoria Ceraso, che cerca, si direbbe, l’arrosto dietro al fumo.


«Preciso che il mio voto sarà favorevole in ogni caso — esordisce — ma credo che, al di là dei principi, non dovremmo perdere di vista misure di maggior impatto concreto, che esulano dalla semplice dichiarazione di intenti. I figli di immigrati si confrontano con sfide quotidiane, a partire dalla mancanza del doposcuola pomeridiano e da un orientamento scolastico poco genuino, considerato che i docenti spingono gli immigrati verso le scuole professionali, senza seguire le loro inclinazioni reali. È giusto accogliere, anche simbolicamente; ma va fatto anche adeguatamente».

Ceraso poi spiega che sulla cittadinanza, vera e non simbolica, si andrà a votare con il referendum del 12 giugno che prevede il dimezzamento da 10 a 5 degli anni di residenza legale in Italia richiesti per i cittadini extra Ue poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai figli: «Se passa il referendum, questa proposta sarà sorpassata».
Subito la replica di Viola: «In passato, da assessora, mi sono sentita dire dall’opposizione che aiutavo solamente gli immigrati. La proposta è simbolica, ma penso di aver già fatto molto di concreto».

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