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IL CORDOGLIO

I palloncini e la bara bianca, in tanti a dire «ciao» a Luca Barba

Rito ortodosso per l’addio al 14enne, morto lunedì scorso per un arresto cardiaco. La comunità si stringe intorno ai genitori

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

17 Febbraio 2025 - 15:33

L'ultimo saluto a Luca Barba:  tutti in piedi intorno al feretro

CREMONA - I palloncini volano in alto, verso il cielo con i messaggi dei compagni di classe di Luca Barba, «Li abbiamo scritti tutti e 25», afferma Chihab e lo corregge Cristian Verona: «Non 25, ora siamo in 24», «Ah, sì», dice fra i denti Chihab e gli occhi di entrambi si fanno lucidi: «Luca all’intervallo mi mandava al bar per comprargli la merenda. Era gentile, era il mio amico», ricorda Chihab e Cristian: «Quando giocavamo a Brawl stars come si arrabbiava, ma anche, come ci divertivamo insieme». Gli occhi vanno a quei palloncini per non posarsi sulla bara bianca che per oltre un’ora i ragazzi hanno accarezzato con lo sguardo nel lungo e straziante rito d’addio a Luca.


La bara bianca, accompagnata da un canto/nenia, scivola sul tappeto con l’aquila a due teste, oggi pomeriggio nella chiesa ortodossa della comunità rumena a Borgo Loreto. Il sistro del turibolo accompagna ampi effluvi di incenso. Luca Barba sorride nella foto che i genitori hanno scelto, sorride col suo ciuffo ribelle, lo sguardo pieno di vita dietro gli occhiali, il sorriso è quello di un bimbo che s’affaccia alla vita, ma il destino ha voluto un esito diverso, improvviso e crudele. Oggi pomeriggio si è tenuto l’ultimo, commosso e straziante saluto a Luca Barba, morto una settimana fa durante l’ora di ginnastica per un arresto cardiaco, frequentava la prima ad indirizzo informatico dell’istituto Torriani.

Oggi a salutarlo c’erano i suoi compagni di classe, gli amici, la preside Simona Piperno e gli insegnanti. C’erano anche gli amici della media Vida, le sue professoresse. «Mi raccomando parlate bene del mio Luca, era educato, bravo, gentile», dice fra le lacrime la professoressa di italiano Mazzolari. Il canto di padre Lucien Munteanu e Ciprian Onta copre i singhiozzi. Mamma Mihaela e e papà Liviu sono chinati sulla sulla bara bianca. La comunità stretta intorno, tutti in piedi.

Il rito è in rumeno e in italiano, ma la lingua del dolore ha un suono universale e il calore salmastro delle lacrime che scorrono sui volti e sono scandalose, se colte sulle guance di ragazzini e ragazzine. Perché loro non dovrebbero doversi misurare col dolore della perdita improvvisa. Il silenzio è rotto dai singhiozzi e alleviato dal canto. Luca sorride dalla grande foto e stride con il dolore che si percepisce intorno. «La lacrime di una mamma hanno sempre ragione — dice padre Lucien —. Come padre di una bambina, ho davanti agli occhi la croce la mamma di Luca ha iniziato a portare da una settimana, un peso insopportabile. Eppure nostro signore Gesù ci ha detto che risorgeremo da dormienti».

Don Antonio Bandiarali, dell’Unità pastorale Sant’Omobono, porta la vicinanza del vescovo Antonio Napolioni e chiede di affidarsi alla misericordia di Dio, don Pierluigi Capelli cita Sant’Agostino dicendo che la morte è come se «Luca si fosse nascosto nella stanza accanto — dice —. Chiamiamolo col nome che gli è familiare, continuiamo a ricordarlo». All’esterno della chiesa, Luca nella foto sopra il banco per le firme: indossa un abito nero con papillon, sorridente, le scarpe da ginnastica bianche per intraprendere il suo lungo, lunghissimo viaggio.

FOTO: FOTOLIVE/LEONARDO CALVI

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