Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

CLARA MONDONICO: L’INTERVISTA

«Ce l’ho scritto addosso. Io, eternamente tua»

La figlia del grande Mondo: «Ecco chi era mio padre». E il tatuaggio sulla pelle...

Felice Staboli

Email:

fstaboli@laprovinciacr.it

12 Febbraio 2025 - 05:15

«Ce l’ho scritto addosso. Io, eternamente tua»

RIVOLTA D'ADDA - Clara Mondonico ha 47 anni, fa l’avvocato. Figlia di Emiliano e Carla, sorella di Francesca, ogni volta che può, ogni volta che viene chiamata a farlo, parla del papà come se fosse ancora qui, vicino e presente, come è sempre stato. Un presente storico ed eterno, come il tatuaggio che gli ha dedicato. E oggi ricorda così il suo rapporto con il padre.

Clara Mondonico, cosa le manca di lui?
«La sua presenza, tutto. Mi manca lui, così come era. E come sempre sarà dentro di me».

Un’assenza pesante.
«Ogni giorno mi manca sempre di più, fisicamente. Sento la sua voce nel cuore: e a maggior ragione sento anche che mi sta trasmettendo tutta la sua grande energia».

Oggi lei porta avanti anche il suo impegno nel campo della solidarietà.
«Papà per vent’anni, gli ultimi della sua vita, ha dedicato tempo, spirito e possibilità economiche per aiutare tanti ex tossicodipendenti, ex alcolisti. Radunati dai volontari dell’Approdo, l’associazione benefica qui di Rivolta che soccorre persone in gravi difficoltà. E le aiuta a reinserirsi nella società».

È sempre stato così?
«Quando mio padre scoprì di avere un tumore, cioè dal 2011, aumentò persino l’impegno. Dopo le operazioni chirurgiche, durante la degenza in ospedale, mi diceva: ‘Non vedo l’ora di tornare in mezzo a loro, hanno bisogno di me’. Fare del bene aiutava anche lui. Mi ripeteva: ‘La soddisfazione che provo quando mi dicono grazie è un’emozione unica che mi riempie il cuore’. Seguiamo anche la squadra di Novara, io sono la presidente, abbiamo ragazzi disabili».

Qualche tempo fa ha raccontato quella storia bellissima del suo tatuaggio.
«Fino a quando ho compiuto 40 anni, non avevo alcun tatuaggio. Poi, un giorno mi sono decisa: me ne sono fatta uno. Sono andata e ho chiesto che mi venisse scritta addosso l’espressione ‘Eternamente tua’. È successa una cosa che mi fa anche un po’ sorridere».

Cioè?
«Il tatuatore mi ha guardata e un po’ perplesso mi ha invitata a desistere. ‘Sa, a volte le cose possono cambiare e magari una frase così è un po’ troppo impegnativa’. Io l’ho guardato, ho capito dove voleva arrivare, e l’ho tranquillizzato: ‘Non c’è pericolo’. Ho amato e amerò per sempre una sola persona. È per lui, per mio papà, per sempre, anche di più».

fdfd

«Quando ero all’asilo volevo sposarlo, ma mi hanno detto che non potevo. È un amore incondizionato, il mio. E se mi dicono che gli somiglio mi fanno il complimento più grande del mondo».

Si è fatta altri tatuaggi?
«Sì, due. La sua faccina, simbolo dell’associazione. E poi C. E., ovvero Carla e Emiliano».

Mondonico da sempre ha avuto la reputazione anche di una persona schietta e spigolosa.
«In realtà era timido, non guardava mai negli occhi chi lo intervistava. Non aveva un carattere facile, questo sì. Del resto faceva parte di un mondo dove la pressione è sempre stata fortissima. Non avrebbe potuto resistere se non fosse stato così».

Però tutti gli hanno voluto bene.
«Sì. era sincero, non si è mai nascosto, sempre in prima fila. Se le cose andavano bene metteva davanti gli altri. Se no, si prendeva tutte le responsabilità, ci metteva sempre la faccia. Io, ad esempio, non ce l’avrei mai fatta».

fdfdf

Da giocatore era uno che avrebbe potuto fare anche di più.
«Da giocatore? Me ne ha parlato. Dicono tutti che avrebbe potuto fare di più. Il suo sogno era fare un gol in serie A, c’è riuscito ed era in pace. Credo che gli andasse bene così. Io non l’ho visto giocare, ma molti mi hanno parlato di lui. So che a Cremona è sempre stato molto amato, anche quando faceva nascere discussioni. Questo lo divertiva, a volte».

E poi quel suo rapporto con tanti giocatori che poi erano suoi amici. Uno per tutti, Vialli.
«Avevano un rapporto speciale. Mio papà è stato suo allenatore, Vialli era come uno di famiglia. Non saprei come descriverlo meglio di così. Un giorno a Cremona ho incontrato la mamma di Gianluca, si è avvicinata a me e mi ha sussurrato una frase tipo: ‘Grazie per tutto quello che il suo papà ha fatto per Gianluca’. Erano due persone che si sono volute bene».

Cosa direbbe oggi a suo papà?
«Lo incontro spesso, sognando. Vorrei solo ringraziarlo per tutti quello che ha fatto. Ecco, gli direi proprio così: ‘Ti voglio bene papà. Grazie’. E lo abbraccerei. Semplicemente».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400