L'ANALISI
04 Febbraio 2025 - 17:29
CASALMAGGIORE - «Il diritto di critica è stato ampiamente travalicato, le posizioni critiche prese nella lettera sono del tutto avulse dal contesto e nulla hanno a che vedere con la critica politica, ma sono esplicative di una critica di natura ideologica, tanto scomposta quanto eccentrica rispetto al tema posto dalla persona offesa, e volta unicamente a far colpo sulla ‘pancia’ della comunità con una pericolosa disinformazione in danno della persona offesa». Lo scrive la Corte d’appello nella motivazione della sentenza di conferma della condanna a 1.000 euro per Marco Poli e Gianfranco Salvatore, gli ex assessori accusati di aver diffamato Mario Riccio, il medico anestesista che ora con l’associazione Coscioni accompagna i pazienti al suicidio assistito. A Cremona, Poli e Salvatore erano stati inoltre condannati a risarcire in solido, con 10mila euro (provvisionale). Riccio, parte civile con l’avvocato Paolo Antonini.
Il caso riguarda una lettera inviata dagli ex assessori a un giornale on-line a gennaio del 2019, all’indomani di una notizia battuta dall’Ansa e ripresa da numerose testate: l’appello di Riccio, all’epoca primario all’Oglio Po, ai medici in tema di testamento biologico, sulla prospettata modifica delle disposizioni anticipate di trattamento (le Dat) da depositare non già nel Comune di residenza, ma in quello di nascita, rendendo più difficoltosa la procedura per il disponente. Nella lettera, gli assessori accostarono Riccio all’Olocausto. Una «pericolosa disinformazione», perché Riccio, lo ricorda la Corte, in quei giorni aveva posto un altro problema. «Mai nell’appello del medico era stato insinuato il dato che si sarebbe discostato dalle Dat sotto il profilo sostanziale, ossia quando esse fossero state incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica del paziente, o quando sussistessero terapie non prevedibili all’atto della disposizione».
La Corte ribadisce la «eccentricità» delle posizioni di Poli e Salvatore, «in quanto in realtà esprimono e rimproverano al dottor Riccio la sua militanza a favore del suicidio assistito, con espressioni che travalicano la continenza. È chiaro ed evidente nella lettera l’accostamento della figura professionale del dottor Riccio all’Olocausto degli ebrei e al programma nazista T4, programma che gli stessi imputati definiscono ‘tristemente famoso’, a riprova della loro piena consapevolezza della gravità di tale accostamento». Per la Corte, «un attacco gratuito ed ingiusto alla professionalità del dottor Riccio, ‘colpevole’ nella prospettiva di Poli e Salvatore, di aver espresso posizioni non in linea con la loro, volutamente ignorando che sulla materia vi è ampia giurisprudenza della Corte Costituzionale, correttamente citata dal primo giudice».
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