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CASALMAGGIORE. GIUDIZIARIA

Processo: «Ora il gip valuti la calunnia»

Chiesta l’archiviazione per Riccio e tre medici dell’Ospedale Oglio Po

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

30 Gennaio 2025 - 21:38

Processo: «Ora il gip valuti la calunnia»

Nei riquadri, da sinistra, Munafò, Riccio e Antonini

CASALMAGGIORE - Nella querela aveva duramente attaccato quattro medici dell’Oglio Po, accusandoli di aver «volutamente» ucciso suo padre 93enne, affetto da amiloidosi cardiaca, ricoverato il 23 gennaio del 2023, morto una settimana dopo. Altrettanto duramente si era opposto alla richiesta di archiviazione del fascicolo per omicidio colposo, avanzata dal pm, Davide Rocco.

Oggi, giorno dell’udienza (il gip si è riservato), l’accusatore è stato il «grande assente» (la notifica era regolare, non l’ha ritirata). Non c’era lui e nemmeno un legale che lo rappresentasse. C’erano, invece, i quattro camici bianchi con i loro difensori. Uno di loro è il medico anestesista Mario Riccio, ex primario all’Oglio Po, dirigente dell’associazione Luca Coscioni, nella querela bollato dal figlio del 93enne come «esperto internazionale in eutanasia».

«In sede di archiviazione, abbiamo chiesto al gip che valuti una trasmissione degli atti al pubblico ministero per la sussistenza del reato di calunnia nelle dichiarazioni rese in querela dall’opponente», ha detto l’avvocato Paolo Antonini, con la collega Valeria Bini difensore di Riccio, il primario che quando il paziente 93enne fu ricoverato, non era in ospedale.

«La posizione del dottor Riccio è molto lineare — ha spiegato il difensore —. È totalmente esclusa la sua presenza e, quindi, la sua responsabilità nei fatti che vengono descritti nell’atto di querela e nell’atto di opposizione». Riccio ha precisato: «Dal primo ottobre del 2022 godevo di un congedo ordinario per smaltire le ferie residue prima del pensionamento. Dai tabulati e dai cartellini che abbiamo presentato, non risulto in servizio, ma in congedo ordinario». Riccio era rientrato l’1 febbraio del 2023.

«Riteniamo che ci siano tutti i presupposti per accogliere la richiesta di archiviazione, perché l’opposizione è totalmente infondata, oltre che dai contenuti sicuramente discutibili — ha evidenziato l’avvocato Diego Munafò, difensore di due medici —. Con il massimo rispetto che bisogna avere di fronte alla morte di una persona che è inevitabile, però non è neanche possibile strumentalizzare in questo modo la giustizia, perché in questo caso i medici hanno fatto tutto quanto dovevano fare per curare un paziente di 93 anni affetto da amiloidosi cardiaca, per il quale, purtroppo, la prognosi era infausta e in relazione al quale l’operato dei medici ha soltanto portato beneficio per quello che si poteva fare».

Secondo Munafò, «quello che si poteva fare è stato fatto sotto il profilo terapeutico, diagnostico, della gestione del paziente e della sorveglianza». Dopo Munafò, l’avvocato Stefano Sarchi, difensore di un quarto medico, ha commentato: «Noi non riscontriamo alcun elemento che possa provare una colpa medica come emerge dai dati documentali e dalle cartelle cliniche».

L’avvocato Antonini e l’anestesista Riccio sono tornati alla richiesta al gip di «valutare la trasmissione degli atti per il reato di calunnia» nei confronti di chi, il figlio del 93enne, nella querela ha scritto nero su bianco, tra le altre accuse: «Eutanasia aggravata ai fini di lucro», arrivando a sostenere che all’Oglio Po ci sarebbe stata una sorta di «pratica eutanasica» per uccidere i pazienti anziani deboli al fine di un tornaconto economico sia per i primari sia per l’ospedale stesso. «Secondo il figlio — ha sottolineato Riccio — questi pazienti noi li portiamo al massimo della retribuzione regionale e poi li uccidiamo».

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