L'ANALISI
01 Febbraio 2025 - 18:32
Shahbaz Gill, terzo da sinistra, con i rappresentanti della comunità
CREMONA - «Quello che si sta consumando in Pakistan è un dramma umanitario gigantesco, di cui nessuno parla». A far luce sulla situazione nel Paese stretto tra India e Afghanistan è stato, stamattina l’ex capo di gabinetto Shahbaz Gill, invitato a Cremona dall’associazione Immigrati cittadini. In provincia la comunità pakistana conta un migliaio di persone, senza tener conto dei richiedenti asilo, mentre a Brescia vivono oltre 15mila pakistani. Il politico, che vive in esilio negli Stati Uniti dopo i disordini scatenatesi in Pakistan a seguito dell’incarcerazione dell’ex primo ministro Imran Khan, ha incontrato cittadini e rappresentanti delle comunità straniere e ha denunciato le «gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà democratiche che sono all’ordine del giorno da più di due anni nel Paese».
Uno scenario internazionale sconosciuto ai più sul quale, peraltro, risulta difficile trovare fonti di informazioni aggiornate. L’ex presidente Khan, entrato in politica nel 1996 come outsider dopo una carriera come giocatore di cricket, ha rappresentato un fattore di destabilizzazione per il sistema politico locale. Dopo aver guadagnato un ampio sostegno popolare con un programma incentrato sulla democratizzazione del Paese, posizioni anti-establishment e una spiccata opposizione allo strapotere militare è stato eletto primo ministro nel luglio 2018. Dopo quattro anni però, è stato cacciato dall’incarico dagli oppositori in parlamento che lo accusano proprio di corruzione.
«Nel 2021, un governo democraticamente eletto è stato rovesciato, segnando la fine della democrazia – ha spiegato ieri Gill –. Dopo due anni, le elezioni si sono tenute, ma il voto dell'80% del popolo per un partito è stato ignorato. Al suo posto, il potere è stato consegnato a una mafia corrotta. Imran Khan è stato imprigionato senza colpe e condannato a 18 anni di carcere per il ‘crimine’ di essersi risposato. Quando la gente ha iniziato a protestare pacificamente contro queste ingiustizie, l'esercito e la polizia hanno risposto con brutalità. La magistratura è stata silenziata, i media censurati, giornalisti rapiti e persino uccisi».
L’ex capo di gabinetto è impegnato da mesi a portare la rivendicazioni del partito di Khan in giro per il mondo, denunciando la situazione sempre più critica per i pakistani rimasti in patria, e cercando di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sulla questione: «Sono stato recentemente a Oslo, Barcellona e Parigi. Domani saremo a Brescia per una grande manifestazione, dobbiamo farci sentire».
Perché quel che accade in Pakistan, per quanto lontano dai riflettori riguarda anche l’Europa «che oggi resta in silenzio. Il Pakistan non è né la Palestina, né l'Afghanistan, né lo Yemen. Con una popolazione di 260 milioni di abitanti, il nostro Paese si trova sull'orlo di una guerra civile. Se questa guerra esplode, la pace globale sarà minacciata. Milioni di persone potrebbero essere costrette a cercare rifugio e l'Europa sarà la loro prima destinazione. Un’ondata di disperazione sta per bussare alle vostre porte. Non chiediamo soldi, né aiuti materiali. Chiediamo che alziate la vostra voce per i nostri cari, per la pace, la libertà, la sicurezza e la democrazia in Pakistan».
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