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L’ALLERTA DISAGIO GIOVANILE: L’ANALISI DEGLI SPECIALISTI

«Sono soli. Guardiamoli negli occhi»

La psicologa Bandera: «Recuperiamo il dialogo perché la loro rabbia sta diventando illeggibile»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

29 Gennaio 2025 - 10:40

«Sono soli. Guardiamoli negli occhi»

CREMONA - «La salute mentale dei ragazzi e degli adolescenti è nettamente peggiorata», dice senza usare mezzi termini Anna Bandera, psicologa specializzata nelle problematiche legate all’adolescenza. I recenti fatti di cronaca e la denuncia da parte di Giuliana Tondina, procuratrice capo dei Minori a Brescia (competente anche per Cremona), nella relazione stilata per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario accendono di nuovo i riflettori su una ‘gioventù bruciata’ che sbatte in faccia agli adulti una rabbia difficilmente leggibile, un sentirsi estranei nel mondo in cui si vive che sembra proiettare tutto verso un’estraneità che fa smarrire il senso delle cose e delle azioni.

«Le cause sono diverse, forse legate anche alla pandemia e ai suoi strascichi — continua —, ma certo i comportamenti aggressivi, le crisi d’ansia, gli atti di lesionismo eterodiretto o rivolto verso sé stessi sono aumentati». Tutto ciò viene riunito da Bandera sotto un unico termine: «Stiamo assistendo a una crisi profonda delle relazioni, a tutti i livelli — dice —. Noi adulti non sappiamo più connetterci con i ragazzi, non sappiamo o non riusciamo a sostenere il loro disagio. Bisogna cercare di recuperare il dialogo, l’empatia che sembra essere venuta meno».

Tutto ciò diventa assai potente in adolescenza, «età in cui per i ragazzi è difficile avere con chiarezza la consapevolezza degli effetti che il loro agire possono provocare, non riescono a modulare le azioni e le reazioni, in balia da tempeste emotive proprie dell’età. In questo si aggiungano le agenzie educative in crisi, noi adulti presi dal lavoro e da ritmi quotidiani forsennati — spiega —. I nostri ragazzi devono cavarsela da soli e lo fanno come possono. A questo aspetto si aggiunga l’impatto che i social hanno avuto sulla vita di tutti e che per gli adolescenti diventa totalizzante. Gli spazi dei social sono spazi di vita e di relazione né più né meno di quelli reali, anzi sono più seducenti di quelli reali. Nello spazio virtuale non c’è distinzione fra ciò che è possibile e ciò che non lo è, fra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Tutto è permesso. Si è spettatori di cose gravi, ma non si è chiamati ad intervenire, ad essere toccati emotivamente. Ed è questa incapacità di sentirsi toccati emotivamente che può spiegare quello che è accaduto qualche tempo fa davanti all’Aselli. Davanti all’aggressione di un ragazzino, nessuno è intervenuto. Per noi è un atteggiamento incomprensibile, ma per i ragazzi quel fatto non ha messo in moto alcun meccanismo emotivo, non ha creato alcun contatto. L’assuefazione a linguaggi violenti, penso ai messaggi veicolati dal trap e dal rap, rende tutto accettabile e crea una certa assuefazione che diventa pesante in un’età in cui si deve ancora costruire il senso di realtà».

Tutto questo si inserisce in un deserto relazionale e di perdita di punti di riferimento: «I nostri ragazzi sono soli, non sanno a chi rivolgersi — afferma —. Penso all’aumento della conflittualità domestica, alla mancanza di efficacia delle agenzie educative che un tempo rappresentavano punti di riferimenti, alla la scuola e all’oratorio. E gli adolescenti si ritrovano in balìa di loro stessi. Come adulti dobbiamo cercare di mantenere un dialogo, guardare negli occhi i ragazzi, basta pochissimo per portarseli via, aspettano un nostro cenno, altrimenti altri prendono il nostro posto e accade quello che vediamo sta accadendo».

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