L'ANALISI
22 Gennaio 2025 - 05:10
CREMONA - Nessuna nostalgia per le divisioni fra liutai che avvelenarono le botteghe oltre quarant’anni fa, fra chi usava la forma interna e chi quella esterna di scuola francese. Oggi il Piano di salvaguardia della liuteria cremonese, sotto l’egida dell’Unesco, ha sancito che il metodo nato ai piedi del Torrazzo è quello che utilizza la forma interna, come testimoniano i cimeli della bottega di Stradivari, conservati presso il Museo del Violino. A spiegare il percorso fatto dal Piano di Salvaguardia e dall’Ufficio Unesco è l’assessore alla Cultura, Rodolfo Bona, mettendo in evidenza come l’acquisizione di una condivisa definizione del metodo debba aprire le porte a passi ulteriori che possano non solo tutelare la liuteria cremonese, ma offrirla al mondo sotto una luce di comunità di intenti. Per questo l’assessore chiede ai liutai, insieme al sindaco Andrea Virgilio, di partecipare e presentarsi uniti alle sfide che attendono l’intero settore.
Aver definito la forma interna come metodo costruttivo cremonese non rischia di aprire ferite vecchie di oltre quarant’anni nella comunità dei liutai?
«Il tema dell’uso della forma interna o esterna nella costruzione dei violini è stato nei decenni passati discusso in modo molto acceso, tanto da vedere due fazioni contrapposte che si riconoscevano nella guida di due illustri maestri: Francesco Bissolotti e Gio Batta Morassi. Il lavoro effettuato all’interno del Piano di salvaguardia del Saper fare liutario tradizionale cremonese, tuttavia, non si inserisce affatto in quel tipo di polemica. La richiesta emerse con chiarezza dal questionario che fu proposto nel corso del 2021 a tutti i liutai. La raccolta dati fu condotta secondo precisi criteri Unesco, attraverso obiettivi e indicatori chiaramente identificati e vi risposero 79 persone: una percentuale statisticamente significativa, che corrisponde a circa il 50% della comunità totale operante sul territorio cremonese. Il primo tema su cui il questionario chiedeva di riflettere era proprio la descrizione del metodo costruttivo cremonese tradizionale. Più dell’80% dichiarava di riconoscersi in pieno; tuttavia, una nutrita parte di coloro che risposero (41%, pari a 33 persone) precisarono che occorreva aggiungere altri elementi per caratterizzare al meglio il saper fare liutario tradizionale cremonese. Fortissima fu la convergenza sulla forma interna. Il livello sul quale insiste il Piano di salvaguardia è dunque culturale; il Piano si caratterizza come strumento a disposizione della comunità patrimoniale ed è finalizzato al miglioramento della professione, anche nella direzione del rapporto tra liutaio e musicista – come si sta facendo quest’anno – consentendo al primo di migliorare la propria produzione in stretto rapporto con chi dovrà poi utilizzare gli strumenti».
Nel mondo dei liutai emerge forte la necessità di combattere contraffazione e abusivismo? Come fare? Che risposta dare a queste preoccupazioni?
«Il tema della contraffazione e degli assemblaggi, dei violini in bianco, del lavoro sommerso e della concorrenza sleale è noto da molto tempo ed è in preoccupante aumento. Esso fu affrontato tra il 2016 e il 2020 dall’allora amministrazione comunale in numerosi incontri con il Consorzio liutai e le associazioni di categoria, nei quali si discusse a lungo - anche a seguito di una forte campagna mediatica critica nei confronti della liuteria cremonese - su come affrontare il fenomeno, quali azioni porre in essere per valorizzare il marchio ‘Cremona liuteria’ ed estenderne l’uso. Il Comune propose di accompagnare questo processo attraverso lo sviluppo di incentivi che andavano dall’abbattimento della Tari ad agevolazioni e supporti per la partecipazione alle fiere di settore, l’internazionalizzazione, la formazione, la collaborazione con i laboratori scientifici e il Museo del Violino. L’insieme di queste proposte non diede un esito compiuto. Le questioni relative alla protezione giuridica degli elementi del patrimonio immateriale sono state indagate sia a livello del governo italiano che dell’Unesco e anche della Commissione Europea, che ha ripreso nel 2022 il cammino della disciplina delle indicazioni geografiche tipiche dei prodotti non alimentari. Il Comune, insieme a CremonaFiere, diede da subito la possibilità ai liutai cremonesi di approfondire il tema, organizzando due incontri con i funzionari della DG GROW della Commissione Europea nel settembre del 2022 durante CremonaMusica e poi nel novembre dello stesso anno, perché potessero essere comprese a fondo le dinamiche e le regole che avrebbero poi disciplinato questa forma di protezione. Anche in questo caso la comunità dei liutai cremonesi non valutò positivamente questa possibilità. A tal proposito mi preme ribadire che in queste dinamiche il Comune di Cremona svolge esclusivamente una funzione di ponte, di facilitatore di processi nei quali è necessario però trovare solidi punti di convergenza: protagonista del cambiamento, soprattutto nell’ambito strettamente legato alla dimensione imprenditoriale e commerciale, è la comunità patrimoniale, cioè i liutai, le loro associazioni artigianali e commerciali».
Fra le preoccupazioni c’è anche quella di tutelare la professionalità dei liutai. Chiunque può aprire bottega a Cremona senza dar conto di preparazione o formazione. Che margini d’azione ci sono per cercare di esercitare un controllo sulla professionalità di chi fa il liutaio a Cremona?
«Per affrontare questo tema con serietà servono rigore e conoscenza. Serve conoscere il riparto delle competenze nella legislazione nazionale, bisogna conoscere la Costituzione e le leggi. Se le si conosce, è chiaro che su questo tema un Comune non ha nessun margine d’azione: certo i margini d’azione esistono e si realizzano attraverso interventi a livello regionale, governativo o addirittura sul quadro dei titoli europei. In queste sedi è necessario portare proposte condivise, sostenendole con forza e convinzione. Il tema, quindi, è quello di creare un contesto che porti l’attenzione dei potenziali decisori su questi temi, magari spostando lo sguardo da ieri o dall’oggi a prospettive future di 20 o 30 anni ed elevandolo, certamente, dalla dimensione locale, comunale, a quella regionale, statale ed europea».
Da dove arrivano i fondi del progetto Unesco? A quanto ammontano? E in che attività sono stati investiti?
«Il progetto Unesco è il Piano di salvaguardia. I Piani di salvaguardia sono finanziati dal ministero della Cultura e, nel nostro caso, anche da Regione Lombardia, non in modo continuativo, ma sempre mediante erogazione di contributi destinati a progetti candidati a bandi. Il Comune di Cremona, dal 2018 ad oggi, ha ottenuto circa 300mila euro dal ministero e circa 60mila dalla Regione; tutti i fondi sono stati usati per finanziare le attività di formazione, la ricerca e, in ultimo, il piano di comunicazione».
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