L'ANALISI
17 Gennaio 2025 - 20:42
CREMONA - «Ci siamo conosciuti a fine maggio del 2022 attraverso un comune amico. All’epoca io non avevo una casa, ho accettato la sua offerta: mi ha ospitato. Dormivamo insieme, ma non abbiamo mai avuto rapporti. Tutti, però, ci consideravano una coppia. Lui da subito si è mostrato geloso. Dopo tre mesi, in agosto, l’ho lasciato, mi sono trasferita in albergo. Non gli ho detto in quale. Non gli avevo anticipato nulla della mia decisione. Ho solo fatto le valigie e me ne sono andata, lui non l’ha presa bene».
Maria (nome di fantasia, ndr), ha 23 anni. Racconta, si blocca, piange, si scusa con il pm e il giudice, riprende il filo. Due ore di testimonianza sofferta, oggi. Assistita dall’avvocato Sara Veri, si è costituita parte civile nel processo per stalking a carico di un suo coetaneo, residente a Cremona, originato dalla querela presentata alla polizia ad agosto del 2022, poi integrata. Dall’aprile del 2023, il giovane è sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento. La ragazza racconta: «Lui non l’ha presa bene. Ha cominciato a chiamarmi tante volte; il 6 settembre sono stata costretta a bloccarlo, a cambiare numero, lui cercava di contattarmi, creando numerosi profili sui social. Voleva che tornassi a vivere con lui».
Lui la supplica anche quando , un giorno, la vede fuori dal CremonaPo. «Lui era in bici e io a piedi. Mi ha seguito da via Sesto fino alla stazione». Maria parla di una aggressione fisica e nella sua narrazione spunta un coltello. «Era agosto. Eravamo a casa di un amico, lui era geloso del rapporto che avevo con un altro ragazzo, ma era solo un amico e lui lo sapeva. Quando sul mio telefono ha visto un messaggio di questo ragazzo, è come impazzito: mi ha puntato un coltello alla gola e mi ha sputato addosso, dicendomi che mi avrebbe ammazzato». In quei mesi, Maria si è sistemata in un albergo. Parla di un incontro al parco del Morbasco.
«Facevo fatica a separarmi da lui. Lui mi diceva che voleva suicidarsi, una volta mi ha mandato una foto in cui aveva una cicatrice. Al parco abbiamo discusso, lui mi ha messo le mani attorno al collo, mi ha preso lo zaino e se l’è portato via. Dentro avevo degli effetti personali e dei farmaci di cui non potevo fare a meno. Ho chiamato la Questura, spiegando l’accaduto e dicendo che sarei andata a casa sua a recuperare lo zaino. Loro mi hanno detto di non andare da sola, ma lo zaino mi serviva e sono andata». E in casa, «mi ha dato un pugno sul viso, ha continuato a picchiarmi anche mentre ero a terra. Quando sono arrivate le forze dell’ordine, di sua spontanea volontà, lui ha rivelato che aveva nascosto lo zaino nel parco dietro una siepe».
Quando il giovane scopre in quale albergo Maria si è sistemata, si presenta con le rose. «Era venuto per scusarsi e per chiedermi di tornare con lui. L’ho fatto entrare in camera. Ero esausta, non sapevo come gestire la situazione e avevo paura che creasse dei problemi in albergo. Non volevo che i titolari mi cacciassero». In camera, «lui ha guardato il mio telefono di nascosto, ha visto delle chat con un mio amico. Mi ha picchiata, mi ha messo le mani al collo e poi voleva buttarsi giù dalla finestra della camera. Per la rabbia ha rotto il telefonino con una violenza tale che la batteria è andata a fuoco. Il fumo ha fatto scattare l’allarme. È arrivato il personale dell’albergo, lui si è nascosto, ma dalle telecamere hanno visto che era entrato e si sono arrabbiati. Mi hanno detto di non farlo più entrare, altrimenti mi avrebbero mandata via».
Incalzata dal pm e dal giudice, Maria spiega: «Abbiamo idealizzato questa relazione, il nostro era un rapporto malato». Ed ancora, racconta dei numerosi «accessi al Pronto soccorso per percosse, traumi facciali, crisi depressive, ansia e attacchi di panico». Da quando il giovane ha il divieto di avvicinarsi alla ragazza, tra i due non ci sono stati più contatti. Nel frattempo, Maria ha cambiato città e attualmente si sta curando, se seguendo un percorso psicologico. All’udienza del 18 aprile prossimo, saranno sentiti i testimoni.
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