L'ANALISI
08 Gennaio 2025 - 05:20
CREMONA - C’è chi ha distribuito messaggi su bigliettini di carta per simulare la chat di WhatsApp. «All’inizio è stata dura, ma alla fine parliamo di più, abbiamo imparato a conoscerci meglio», dice uno studente in un corridoio del Cr.Forma, durante l’intervallo. Fa effetto vedere i ragazzi a capannelli parlare fra loro, guardarsi negli occhi, procedere a gruppi, senza cellulari, senza gli sguardi ‘risucchiati’ degli schermi. Il centro di formazione professionale ha deciso di bandire i cellulari dalle aule, sia nella sede cittadina che in quella a Crema.
«L’invito del ministro Valditara a non usare i cellulari in classe ci ha offerto l’appiglio normativo per procedere non solo a un divieto, ma a lavorare sulle relazioni — spiega la direttrice, Paola Brugnoli -. Non si è trattato solo di vietare uno strumento, ma di costruire insieme ai ragazzi momenti di dialogo e l’idea di una corresponsabilità nel gestire i tempi e gli spazi della scuola. Non basta proibire, bisogna creare un’alternativa a uno strumento che è utile, ma sta privando i ragazzi di creatività, di relazioni. Per far questo abbiamo coinvolto le famiglie e, se non per casi sporadici, abbiamo trovato grande collaborazione».
Silvio Bushi, della classe di sala bar, spiega: «Per alcuni di noi all’inizio è stato un po’ uno shock, ma ora siamo contenti. Abbiamo avuto modo di conoscerci meglio, di fare amicizia, ma anche di litigare di più, a volte. Comunque sempre di persona. Poi i docenti ci aiutano a gestire i momenti di ansia o di dibattito. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo discusso di cosa voglia dire stare senza cellulare, ma anche della violenza, aumentata fra i giovani. Io il cellulare lo uso il giusto, ma per alcuni miei compagni è stata veramente dura».
Eni Bulica, della classe quarta, a distanza di due mesi dall’inizio della sperimentazione diventata poi norma confessa: «Quest’anno ci siamo legati di più, siamo riusciti a fare gruppo. Abbiamo portato giochi da tavolo, le carte per i momenti di pausa. Abbiamo chiesto, se possibile, di avere uno spazio da gestire e da usare per aiutare chi è in difficoltà. Ci stiamo lavorando. Ma tutto questo è nato anche perché senza cellulari ci siamo scoperti più propensi ad ascoltare gli altri e a percepirne le necessità».
Daniela Masucci, direttrice e pedagogista della sede di via Cesari, osserva: «Si è impostato l’anno sulle parole: rispetto, comunità e ascolto — spiega —. Abbiamo chiesto ai ragazzi di farsi parte attiva della vita della scuola e questo può iniziare solo se si dialoga e ci si confronta. Abbiamo deciso di allestire una stanza, che chiamiamo ‘aula bolla’, in cui i ragazzi possano trovarsi a studiare, stare insieme». Le ricadute del tacitare i cellulari si stanno facendo sentire. «Stanno dimostrando un maggiore interesse nelle iniziative della scuola, sono più propositivi e più creativi — spiega Masucci —. È un punto di partenza, ma l’aver scoperto il piacere e anche le difficoltà delle relazioni vis à vis sta facendo bene a tutta la comunità scolastica».
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