L'ANALISI
07 Gennaio 2025 - 17:50
CREMONA - Aveva trasmesso il virus dell’Hiv alla compagna, sottacendole di essere sieropositivo dal 2010, cagionandole una «malattia insanabile». L’uomo, operaio di 52 anni, è stato portato in carcere per scontare la condanna definitiva a 8 anni confermata a giugno del 2024 dalla Corte d’appello di Brescia.
Già nel primo processo a Cremona, per le lesioni volontarie gravissime l’uomo era stato condannato a risarcire con 100mila euro la vittima, parte civile con l’avvocato Alessandro Vezzoni. La donna è tuttora sotto terapia e da allora non ha più riallacciato una relazione sentimentale. Una bugia mai rivelata «perché avevo paura di perderti», la giustificazione del convivente, venuta fuori, per caso, la sera del 20 febbraio 2020, quando l’operaio era finito fuori strada con l’auto. La compagna si era precipitata, era salita sull’ambulanza.
Al Pronto soccorso aveva avuto tra le mani il referto clinico, scoprendo che il convivente aveva dichiarato di essere sieropositivo da più di dieci anni. Uno shock. La compagna si era sottoposta agli esami, rinviati a causa della pandemia. A maggio, la doccia fredda: lui l’aveva infettata e lei, disperata, aveva troncato la relazione. Nel primo processo, era emerso che dopo aver scoperto di avere l’Hiv, nei primi anni l’uomo si era sottoposto alla terapia, azzerando la carica virale, ma dall’agosto del 2019 non si era più curato, diventando contagioso.
Ma anche che in quei quattro anni di convivenza, l’operaio aveva frequentato partner più o meno occasionali: uomini e donne, tutti risparmiati dal virus. L’avvocato Vezzoni aveva sottolineato come «da quel 20 febbraio del 2020, la vita della mia assistita è radicalmente cambiata», perché «per il resto della sua vita deve assumere farmaci, deve sottoporsi agli esami e alle terapie anche psicologiche».
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