L'ANALISI
27 Giugno 2024 - 15:52
Il tribunale di Cremona
CREMONA - La Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza di condanna a 8 anni di reclusione per l’operaio di 52 anni, che sottacendo alla compagna (ex) nei quattro anni di convivenza, di essere sieropositivo dal 2010, le ha trasmesso il virus dell’Hiv, da cui è derivata una «malattia insanabile».
Già nel primo processo a Cremona, per le lesioni volontarie gravissime l’uomo era stato condannato a risarcire con 100mila euro la vittima, parte civile con l’avvocato Alessandro Vezzoni. La donna è sotto terapia e da allora non ha più riallacciato una relazione sentimentale.
Una bugia mai rivelata «perché avevo paura di perderti», venuta fuori, per caso, la sera del 20 febbraio 2020, quando l’uomo finì fuoristrada con l’auto. La convivente si precipitò, salì sull’ambulanza, al Pronto Soccorso ebbe tra le mani il referto clinico. Lui aveva dichiarato di essere sieropositivo da più di dieci anni. Fu uno shock. La compagna si sottopose agli esami. Dovette anche rinviarli a causa della pandemia. A maggio, la doccia fredda: lui l’aveva infettata e lei, disperata, troncò la relazione.
Nel primo processo, era emerso che dopo aver scoperto di avere l’Hiv, nei primi anni l’uomo si era sottoposto alla terapia, azzerando la carica virale, ma dall’agosto del 2019 non si curò più, diventando contagioso. Ed ancora, che in quei quattro anni di convivenza, l’operaio frequentò partner più o meno occasionali: uomini e donne, tutti risparmiati dal virus.
L’avvocato di parte civile ha sottolineato come «da quel 20 febbraio del 2020 la vita della mia assistita è radicalmente cambiata», perché «per il resto della sua vita deve assumere farmaci, deve sottoporsi agli esami e alle terapie anche psicologiche». Non solo. «La mia assistita, ha anche scoperto che lui l’aveva tradita sia con uomini sia con donne».
L’avvocato ha parlato della «paura» della vittima «di stare in mezzo alla gente, di far del male a persone a cui vuole bene».
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