L'ANALISI
06 Gennaio 2025 - 09:20
CREMONA - A Cremona non si prende l’autobus, ma la radiale. Un termine popolare noto a tutti in città ma sconosciuto al resto d’Italia, la cui origine è ignota ai più. Ad avere le idee chiare in merito è invece Giuseppe Benedini, cremonese del Boschetto che insegna storia all’università di Bahia in Brasile. Anche dopo il trasferimento Benedini è rimasto legato alla città e appassionato della sua storia: negli anni ne ha studiato lo sviluppo urbanistico e l’evoluzione del territorio.
Proprio in questo il suo interesse si collega al termine con cui da sempre si indicano le corriere arancioni nella città del Torrazzo: «Cremona è una città radiale, nel senso che si sviluppa a partire da un centro dal quale si dipanano diverse direttrici che, verticalmente, portano verso la campagna e altri centri vicini. Le città americane invece, ad esempio, si organizzano per centri concentrici con un centro economico dove si lavora, una cintura povera residenziale e una periferia fatta di villette per la popolazione benestante che gravita sulla city nei giorni lavorativi. Il nostro è un modello diverso».
A partire da questa analisi Benedini aveva sviluppato, anni fa, un’ipotetica rivisitazione dei quartieri basata sul criterio ‘radiale’. Una proposta che porta i quartieri a otto, proprio come auspicato dalla vicesindaco Francesca Romagnoli nel piano di riduzione dei Comitati di quartiere. «Nessuna soluzione razionale è frutto del caso e, del resto, al mondo ci sono sia città centrifughe, in cui i quartieri più lontani vivono di vita propria, per non dire isolata, e città centripete, dove l’identità degli abitanti sorge dall’incontrarsi almeno una volta alla settimana nell’agorà principale, meglio ancora se all’ombra di un altissimo campanile che sormonta una splendida cattedrale e un palazzo comunale quasi millenario».
Insomma Benedini guarda alla città come a un agglomerato suddiviso in spicchi che si diramano a partire dal centro muovendosi sulle principali direttrici viabilistiche per collegare quartieri, strati sociali e vocazioni economico-produttive diverse: «La Città, i sei quartieri del Due Miglia: Picenengo, Sant’Ambrogio, Boschetto, San Bernardo, San Felice (con San Savino), Battaglione e l’ex municipio di Cava Tigozzi».
Una settorializzazione che risponde a criteri non soltanto storico-geografici ma anche sociali e politici (e pertanto estremamente attuali): «La divisione in settori, pur preservando la specificità del centro storico, patrimonio di tutti i cremonesi, evita la separazione tra la prima cintura e le zone più esterne che una suddivisione in cerchi concentrici avrebbe sancito, accentuando così una tendenza centrifuga che, purtroppo, è già parzialmente in atto. Mettere insieme quartieri residenziali suburbani e periferie dove la presenza straniera è sempre più marcata significa, infatti, incentivare il dialogo tra realtà territoriali che la storia aveva unito, ma che la tendenza contemporanea all’autoreferenzialità sembra voler separare sempre di più».
Un’organizzazione che, proprio come hanno fatto per decenni le radiali, ‘raccolga’ le persone nelle fasce più esterne per portarle a vivere il centro e che, allo stesso modo, favorisca lo spostamento dal centro verso i quartieri esterni e la Bassa su direttrici comode e fruibili, per evitare la ghettizzazione. «Mi tengo stretta – conclude Benedini – la mia città concentrica e radiale, dove il centro non è una city degli affari deserta il fine settimana e i quartieri non sono altrettanti ghetti, per poveri o per ricchi poco importa, chiusi verso chi non li abita».
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