L'ANALISI
02 Gennaio 2025 - 05:15
MONTICELLI D'ONGINA - Il 3 giugno del 1940, su ordine del regime fascista, circa tredicimila bambini di coloni italiani in Libia partirono per le vacanze estive nel Belpaese: non hanno mai più fatto ritorno nel luogo di nascita e per anni sono rimasti lontani dalle famiglie. Fra questi c’è anche Silvia Napoletano, che oggi vive nel borgo pallavicino e ha 91 anni.
Il dramma vissuto quando ne aveva appena sei è stato raccontato per la prima volta attraverso un libro, I dimenticati (in copertina proprio lei da bimba), scritto dal cremonese Roberto Fiorentini. Ma Silvia, il cui vero nome di battesimo è proprio Libia, è stata anche protagonista di uno speciale su Tg3 regionale e sarà al centro della prossima puntata di Tg2 Storie Rai.
La sua è una testimonianza dolorosa e difficile, che svela appieno quanto è accaduto ai numerosi italiani che vivevano tra Bengasi e Tripoli. «Sono nata a Tripoli e mio papà ha voluto mettermi il nome Libia – racconta –. A maggio del ‘40 è arrivata una circolare che invitava le famiglie italiane a mandare i figli nelle colonie del Regime: sono partita insieme a due fratelli».
Il 3 giugno i saluti: «Un abbraccio, le solite raccomandazioni ‘Fate i bravi’ e poi tutti sulla nave. Si chiamava Augustus». Per la bambina, dopo la tappa al porto di Napoli, direzione Romagna. Ma il 10 giugno Benito Mussolini ha dichiarato che l’Italia sarebbe entrata in guerra.
E il ritorno in Libia è stato sospeso: «Dovevamo stare un mese, ci siamo rimasti per sempre. Continuavano a ripeterci con bella maniera che saremmo tornati presto dai nostri genitori. Prima ci hanno detto a Natale, poi in primavera... ma passava il tempo e non tornavamo mai – continua la 91enne –. Cantavamo anche canzoni sul ritorno, scrivevamo lettere alle famiglie e le ricevevamo anche. Ma a un certo punto arrivavano con righe nere su certe frasi: la censura».
Nel ‘43 i bambini sono stati smistati e spostati a causa dei bombardamenti, i maschi più grandi arruolati, diversi svaniti nel nulla. Infine, nel ‘44, circa 250 di loro sono arrivati a Premilcuore, borgo in provincia di Forlì, e sono stati in parte dimenticati. Senza vestiti e con pochi alimenti: «Avevamo paura ed è arrivata anche la fame».
Silvia, che oggi tutti chiamano ‘Nonna Mery’, nel libro di Ronca Editore racconta in dettaglio quel difficile periodo in cui si viveva della carità degli agricoltori, mangiando quasi sempre cicoria amara raccolta nei campi. Poi c’è stato il ricongiungimento coi due fratelli che erano a loro volta partiti per quelle infinite vacanze itineranti, ma solo nel ‘47 ha potuto riabbracciare la madre. «Le corsi incontro ma non mi riconobbe, mi aveva lasciato a sei anni e mezzo e mi ritrovava già signorina...».
Silvia non è più tornata in Libia e, in un momento storico purtroppo nuovamente segnato dalle guerre, insieme a Fiorentini ha voluto ricordare che le vittime sono innanzitutto i bambini.
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