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IL CASO

Riccio diffamato, condanna confermata

Processo bis agli ex assessori Poli e Salvatore. Definirono ‘carnefice’ il medico

Francesca Morandi

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12 Dicembre 2024 - 17:49

Riccio diffamato, condanna confermata

Palazzo di Giustizia Zanardelli sede della Corte d'appello di Brescia

CASALMAGGIORE - Gli avevano dato del «carnefice». Avevano associato le sue dichiarazioni all’Olocausto. Diffamazione: la Corte d’appello di Brescia oggi ha confermato la sentenza di condanna alla multa di 1.000 euro ciascuno (pena sospesa e non menzione) emessa dal Tribunale di Cremona per gli ex assessori Marco Poli e Gianfranco Salvatore, l’uno al Bilancio, l’altro ai Servizi sociali, accusati di aver diffamato il medico Mario Riccio nel 2019, quando era responsabile della struttura semplice dipartimentale di Anestesia e rianimazione dell’Oglio Po.

La Corte d’appello ha inoltre condannato gli ex assessori (Poli difeso dall’avvocato Elisa Carpi, Salvatore dagli avvocati Annalisa Sinelli e Alessandro Fontana) al rimborso delle spese sostenute da Riccio, parte civile con gli avvocati Paolo Antonini e Valeria Bini. Confermato il risarcimento del danno al medico: una provvisionale di 10mila euro. Lo stesso Pg aveva chiesto di confermare la sentenza di condanna, arrivata dopo 30 minuti di camera di consiglio. Entro 45 giorni sarà depositata la motivazione.

«Era evidente la portata diffamatoria di dichiarazioni assolutamente sgradevoli e inutilmente offensive, ritenute di tale gravità dalla Corte che ha confermato la sentenza di Cremona sia sulla condanna che sul risarcimento del danno», ha dichiarato l’avvocato Antonini.

Riccio è l’anestesista che nel 2006 staccò il respiratore a Piergiorgio Welby. Come socio della Consulta di bioetica di Milano, seguì il caso Englaro. E come dirigente dell’Associazione Luca Coscioni ha aiutato molti altri a morire. Il processo era nato dalla querela del medico dopo aver letto la lettera in replica alla sua «provocazione» lanciata a gennaio del 2019 — nella veste di consigliere regionale dell’Associazione Luca Coscioni — su un emendamento proposto dal M5S in relazione al biotestamento. Provocazione rilanciata dall’agenzia Ansa e amplificata.

Il caso esplose intorno al 27 gennaio, Giorno della memoria. C’era una proposta di modifica della legge sulla Dat (Disposizioni anticipate di Trattamento). La modifica comportava che le dichiarazioni dovessero essere depositate al Comune di nascita e non di residenza.

Da qui, l’appello ai medici di prendere comunque la Dat delle persone residenti nel Comune senza mandarle in quello di nascita. Una «disobbedienza all’aspetto formale» contro lo ‘sballottamento’ da un Comune all’altro. «Pochi giorni dopo —aveva raccontato Riccio —, mi sono trovato con la lettera firmata dagli imputati, i quali riprendevano il mio appello e lo condivano con affermazioni associate all’Olocausto».

Le frasi. «Obbedienza civile? La morte per compassione stia lontana dall’Oglio Po. Abbiamo trovato non casuale e sinistro il fatto che essa sia stata rilasciata nell’immediata ricorrenza del Giorno della Memoria. Come non associare questa dichiarazione con il tristemente famoso programma T4», precisando che «l’Aktion 4 è il nome convenzionale con cui si designa il programma nazista di eutanasia che, sotto responsabilità medica, prevedeva in Germania la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap...».

E ancora: «Di tante cose abbiamo bisogno fuorché di una pubblicità che lo indichi come luogo di incontro con una morte per compassione; ecco che un medico, anziché farsi prossimo in fedeltà al giuramento di Ippocrate, si offre di diventarne carnefice».

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