L'ANALISI
09 Dicembre 2024 - 05:20
CREMONA - La donna infreddolita rallenta il passo: «Bravo». Lui arrossisce. Ai suoi piedi pennelli, tavolozze, barattoli di vernice. «Non sono un pittore, ma un semplice autodidatta che segue l’istinto. Ho cercato di portare un po’ di bellezza, di luce nel mio quartiere. Niente di più». Lo ha fatto trasformando il grigio tabellone pubblicitario sul lato del giardino pubblico in un quadro coloratissimo: una coppia di cavalli bianchi, fiori gialli e rosa, alberi sullo sfondo. Tutti qui conoscono Antonino Scalia (per gli amici Nino), 60 anni, infermiere. Abita nel palazzo di fronte al piccolo parco di via dei Tigli, angolo via degli Aceri, fra via del Giordano e via Argine Panizza. Un fazzoletto di terra prima abbandonato e trascurato ma che grazie alla sua dedizione è rinato: i vasi, le sculture e le casette per gli uccelli sui rami, il prato ben curato. E ora quel dipinto.
«Il cartellone era vuoto, inutilizzato dagli inserzionisti. Ho chiesto al Comune, che ha contribuito ai costi, il permesso di occuparmene». Ottenuto il via libera, si è rimboccato le maniche sul finire dell’estate. «Lo spazio metallico era arrugginito, la prima cosa che ho fatto è stata ripulirlo».
Poi la fase artistica vera e propria. «Un mio amico che se ne intende, Mauro, mi ha stimolato e dato dei consigli». Il lavoro è durato alcuni giorni. «Per riprodurre l’immagine dei due puledri e del paesaggio intorno ho utilizzato lo smalto acrilico».
La ‘tela’ è stata completata, ma è arrivata la pioggia che l’ha in parte danneggiata. Scoraggiato, ma non vinto, l’infermiere ha ricoperto la sua opera con un telone per metterla al riparo dalle intemperie. Ha aspettato che tornasse il sole per scendere nuovamente in strada, togliere la protezione, aggiustare i guasti e dare gli ultimi ritocchi. «Adesso è tutto a posto, speriamo non ci siano altri problemi».
Qualche metro più in là un secondo cartellone pubblicitario, fotocopia del primo e anch’esso vuoto. Ancora per poco. «Inizialmente avevo pensato di trasformare, a primavera, quei metri quadrati nella pagina per una mia poesia che ho nel cassetto sul tema della guerra. Quando vivevo a Lodi componevo dei versi, li mandavo al giornale locale che li pubblicava regolarmente». Ne va orgoglioso, ma sottolinea: «Come non sono un professionista del pennello, così non lo sono della scrittura». Poi ha cambiato idea su quest’altro intervento. «Ho optato anche stavolta per un dipinto: un lupo con il suo cucciolo».
Non è una coincidenza se il tabellone è stato colorato proprio in questo periodo. «È stata una sfida con me stesso per festeggiare i miei 60 anni, proprio come avevo fatto al compimento dei cinquanta». Allora aveva disegnato il maxi murales che occupa la parete, prima anonima, dei garage del suo condominio e che è dedicato alla Grecia, amata da Scalia. Vi sono ritratti il pope, le case bianche, un contadino a cavallo.
«Anche in questo caso ho chiesto consigli, in particolare per quanto riguarda la prospettiva, a chi è esperto. Ho impiegato tre mesi per terminare il lavoro». Quella per Atene e dintorni non è una passione da turista, ma ha a che fare con il sangue e la storia: il volontario, come la moglie Maria Vita (anche lei infermiera), è originario di Piana degli Albanesi, la città a pochi chilometri da Palermo fondata nel 1488 dagli esuli fuggiti dalla loro patria sull’altra sponda dell’Adriatico durante la sanguinosa occupazione turca.
I componenti di questa comunità, compresa la coppia trasferitasi a Cremona, parlano con fierezza l’albanese antico. «Da noi le messe vengono celebrate secondo il rito greco-bizantino. Ecco perché andando in Grecia mi sembra di essere al mio Paese».
Il dipinto e il murales sono solamente alcuni dei contributi dati dall’artista fai da te per abbellire il suo quartiere.
«Appoggiate agli alberi ci sono le due metà della stessa bicicletta che si ricompongono se guardate da un certo punto di osservazione. L’idea è stata di un altro mio amico, Maurizio, che abita nel palazzo di fronte. Sulle piante ho sistemato casette di legno, costruite e regalate dalla gente del posto, e ciotole con l’acqua per gli uccelli». Un paio di volte alla settimana il giardiniere dalla vena creativa raccoglie le foglie che ricoprono la strada e accatasta in un angolo i rami caduti. Ha anche seminato l’erba che al momento giusto crescerà. «Mi piace dare una mano per tenere pulita la mia città, ognuno di noi può fare la sua parte. A proposito, ringrazio la responsabile dell’Ufficio periferie, Donatella Boccali, e la presidente del comitato di quartiere, Cristina Arata, che mi sono state vicine».
Non solo via dei Tigli, angolo via degli Aceri, è ora una piccola oasi che rispecchia la toponomastica ma, a quanto pare, il messaggio sulla responsabilità comune, dopo le isolate resistenze degli inizi, ha aperto una breccia. «Vengo aiutato dai miei vicini, che piano piano collaborano. Una signora, Silvia, mi ha donato una rosa e l’ho piantata. L’altro giorno uno sconosciuto ha lasciato un vaso». Ma forse una delle soddisfazioni più grandi è un’altra. «Un’anziana che da mesi non usciva di casa si è fatta accompagnare dalla badante per ammirare il giardino. Per lei è stato come scalare l’Himalaya». Lassù c’erano i fiori di Nino.
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