L'ANALISI
05 Dicembre 2024 - 20:27
Sonia Kaur, gli avvocati Davide Barbato, Guido Priori ed Elena Curci
CREMONA - Partivano alle 5 del mattino, rincasavano alle sette di sera, lavoravano dalle 10 alle 12 ore al giorno per una miseria: 2-3 euro all’ora. È la storia di sei pakistani, per la Procura sfruttati da quattro indiani accusati di caporalato, dal 2018 a marzo del 2022. Oggi davanti al gup, due di loro hanno concordato con il pm il patteggiamento a 8 e 6 mesi di reclusione, i coimputati sono stati ammessi al rito abbreviato (sono difesi dagli avvocati Francesco Ferrari e Marcello Lattari). L’udienza è stata aggiornata al prossimo 29 maggio.
Dei sei lavoratori sfruttati, quattro si sono costituiti parte civile con gli avvocati Davide Barbato e Guido Priori, due con il legale Federico Scalvi. E si sono costituiti parte civile anche Flai Cgil con il segretario generale Palvinder Singh (in udienza era era presente Sonia Kaur) e la Camera del Lavoro territoriale della Cgil di Cremona con il segretario generale Elena Curci. Per l’accusa i lavoratori sono stati sottoposti a condizioni di sfruttamento, hanno lavorato senza alcuna tutela in materia di sicurezza e di igiene sul posto di lavoro.
«Ognuno di loro - hanno spiegato gli avvocati di parte civile — pagava tutti i giorni 5 euro per il trasporto, andava a lavorare, prendeva una busta paga di 700 euro, ma poi 400 li restituivano in contanti. Ai lavoratori erano stati anche richiesti 5mila euro per il rinnovo del permesso di soggiorno. Alcuni avevano dato 1.000/1.500 euro, il resto veniva decurtato dalle buste paga. Praticamente venivano pagati come lavoratori part-time, ma in realtà facevano il tempo pieno. Ed hanno anche continuato a lavorare per tutto il periodo del Covid senza alcun dispositivo di protezione».
«Come Cgil e Flai Cgil - ha dichiarato Curci — ci siamo voluti costituire parte civile, perché è ovvio che la Cgil ha sempre difeso tutti i lavoratori, soprattutto quando parliamo di caporalato. Qui stiamo parlando di lavoratori sfruttati, sottopagati e sotto ricatto per ottenere il permesso di soggiorno che non hanno».
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