L'ANALISI
27 Novembre 2024 - 05:15
CREMONA - «Quanto sostenuto da chi contesta è assolutamente fuorviante: non abbiamo fatto altro che seguire le linee regionali, basate ovviamente sulla normativa nazionale. Non c’è stata alcuna differenza, se c’è stata una disparità in merito al numero di posti messi a disposizione è dovuta se mai al fatto che in altre province lombarde non c’erano cattedre libere. Ad esempio, questo può essere stato il caso di Milano. Non sarebbe peraltro concepibile un’autonomia decisionale dei singoli provveditori, si creerebbe una situazione di anarchia con inaccettabili differenze tra una provincia e l’altra».
Così il provveditore Imerio Chiappa, in merito a quanto sostengono alcuni insegnanti di sostegno che alzano la voce sull’assegnazione dei posti in elementari e medie del territorio. Secondo la loro versione, sono 400 i docenti residenti in provincia che al momento sono disoccupati oppure si sono adattati ad accettare cattedre di poche ore pur di lavorare. Il tutto dopo anni in cui avevano coperto i posti di sostegno in scuole primarie e medie. Colpa, sempre a detta di chi è rimasto a piedi, della ‘Mini call veloce’ di fine agosto, uno strumento che ha permesso a insegnanti che provengono dal territorio extra lombardo di fare richiesta di una cattedra. Già a fine agosto i precari sottolineavano «il rischio concreto di non poter più lavorare».
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, per sanare l’abuso di contratti a tempo determinato nelle scuole di ogni ordine e grado, in estate aveva deciso di consentire l’immissione in ruolo attraverso questa procedura che ha poi permesso ai singoli uffici territoriali di mettere a disposizione le cattedre vacanti. «C’erano 400 posti e in questo modo – protestano i precari storici cremonesi — sono stati assegnati ad aspiranti provenienti da altre regioni: questa scelta ha cancellato le speranze di chi da anni lavora nelle scuole locali di ottenere il ruolo. Non era mai successo prima».
Molti degli insegnanti rimasti ‘a piedi’ hanno anni di esperienza alle spalle e sono stati scavalcati da personale che ha sì la specializzazione, ma in realtà punteggi molto inferiori ai loro, dovuti al fatto che esercita da meno tempo. C’è poi un altro problema sollevato dai docenti che si dicono penalizzati. La sostanziale disparità di opportunità di formarsi tramite specializzazione tra chi vive in Lombardia e chi invece risiede altrove.
«Se le regioni che hanno pochissime cattedre vacanti continuano a sfornare ogni anno migliaia di neo specializzati senza nessuna esperienza sul campo, mentre quella che ha, anzi aveva, un numero rilevantissimo di posti disponibili specializza pochissimi insegnati di lunga data, la concorrenza sarà per sempre impari e soprattutto scorretta. I precari lombardi già da questo primo uso della ‘Mini call veloce’ sono stati spazzati via ed ora sono disoccupati ed inermi davanti ad una applicazione dissennata ed irragionevole di uno strumento messo a disposizione dei provveditori».
Nel frattempo, entro fine anno il ministro Valditara ha promesso l’attivazione di corsi abilitanti online riservata ai docenti con almeno tre anni di servizio sul sostegno. Simona Pisano vive nel Cremasco da 20 anni. Di origini sarde ha deciso di restare a casa a fare la mamma, non accettando quanto avvenuto. «Da 13 anni sono insegnante precaria di sostegno, ovunque nel Cremasco, gli ultimi alle medie Galmozzi. A causa di questa assurda situazione, frutto della scelta discrezionale del provveditore, io e altre centinaia di colleghi storici siamo rimasti a piedi».
Secondo Pisano, prof di lettere e musica, per chi viveva da anni con incarichi a termine, è anche venuta meno l’opportunità di una stabilità contrattuale: «Ci è stata bruciata la possibilità di entrare in ruolo, i neo assunti hanno infatti contratti di tre anni. Con la mini call veloce, emanata tra l’altro a fine agosto, ci è stata sfilata la sedia da sotto il sedere. Se ci fosse stato un congruo preavviso avrei preso un incarico al 30 giugno, e non a fine agosto, come peraltro si è sempre fatto negli anni passati. C’è chi tra i colleghi ha scelto di accettare poche ore di insegnamento, io seguirò altre strade, non escludo un’azione legale».
Ci sono poi le conseguenze sugli utenti finali, ovvero alunni e studenti bisognosi di sostegno. «Innanzitutto sono entrati in ruolo insegnanti che hanno poca o nulla esperienza, solo per il fatto di aver ottenuto la specializzazione in altre regioni, dove questi corsi sono molto più facilitati – conclude Pisano –: incontro sovente genitori che mi chiedono dove io sia finita, si sentono quasi abbandonati e così i loro figli. E poi continuo a chiedermi come mai la provincia di Cremona abbia messo a disposizione tutte le cattedre disponibili, mentre le altre province lombarde hanno agito in tutela di quegli insegnanti che da anni garantiscono lo svolgimento regolare delle lezioni».
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