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Chiusura dello stabilimento Fir di Casalmaggiore, primi camion verso Pordenone

Fine di un capitolo importante nella storia industriale della città. I lavoratori accettano le proposte aziendali, ma cresce la preoccupazione per il futuro del territorio

Pierluigi Cremona

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pierluigi.cremona@virgilio.it

22 Novembre 2024 - 10:26

Chiusura dello stabilimento Fir di Casalmaggiore. primi camion verso Pordenone

CASALMAGGIORE - Hanno iniziato ieri mattina ad uscire dalla Nidec- Fir di via Roma i primi camion che trasferiranno i materiali produttivi, per la fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici, alla volta di Pordenone. Per la città, quindi, con la chiusura del ‘fabbricone’ termina anche un capitolo lunghissimo della storia imprenditoriale e produttiva della città.

Nel frattempo sono state sottoscritte e firmate le prime lettere di licenziamento da parte dei 34 lavoratori – e non 36 come era stato discusso nella precedente riunione – che hanno accettato le proposte dell’azienda, rispetto all’alternativa, poco praticabile, del trasferimento nella città friulana. L’azienda avrebbe rispettato gli accordi e le proposte nel corso di queste settimane non sono cambiate. Per i sindacati c’è la parziale soddisfazione che nessun lavoratore è stato licenziato forzatamente ma che tutti hanno accettato in maniera autonoma e ‘volontaria’ le proposte. Anzi, per qualcuno di loro già lunedì prenderà il via una nuova esperienza lavorativa in un’altra fabbrica cittadina.

Mercoledì pomeriggio c’è stato un nuovo incontro tra azienda e sindacati, che però non ha modificato le cose rispetto a quanto avvenuto nelle scorse settimane. «Nell’incontro di ieri (mercoledì, nda) abbiamo definitivo i dettagli per le 34 persone che usciranno dall’azienda, per maggior tutela loro vi sarà un passaggio anche con l’ispettorato del lavoro. La dirigenza ha rispettato quando aveva messo sul piatto in fase di trattativa, ossia incentivi all’esodo, prepensionamenti e corsi di formazione per il reinserimento lavorativo. Vi sono stati alcuni volontari che hanno accettato, l’importante è che non sono stati licenziati», commenta Luca Bonali della Fim Cisl.

Per Marco Cagnati della Fiom Cgil «Questa vicenda dal punto di vista sindacale la possiamo definire chiusa, ma noi come parti sociali vigileremo su come si comporterà l’azienda e su ciò che avrà intenzione di fare. Sulla vicenda però serve aprire una riflessione, sul fatto che il territorio perde forza lavoro e una unità produttiva che era in salute. Non parliamo di una realtà in crisi, ma di imprenditori che per scelte aziendali e commerciali hanno spostato delle linee concentrandole in un unico luogo. Se la logica è questa, ossia chiudere gli impianti produttivi decentrati, anche lo stabilimento di via Vanoni potrebbe avere vita breve. I ragazzi rimasti cominciano in ogni caso a porsi domande sul loro futuro e a cercare un’altra collocazione. Dal punto di vista della fine definitiva delle attività lavorative in via Roma non è ancora arrivato il termine; potrebbe avvenire nelle prossime settimane ma non c’è ancora la certezza di quando tutto verrà trasferito in via Vanoni».
La vicenda era emersa all’inizio del mese di ottobre quando le parti sociali avevano diramato la notizia di 53 licenziamenti con la chiusura dello stabilimento di via Roma e il parziale trasferimento di alcune maestranze in via Vanoni. Uno shock per la tutta la città, a partire dalla politica locale che aveva seguito da vicino la successiva vertenza sindacale.

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